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Sentenze

Giurisprudenza – Il C.E.L. OG2 può essere rilasciato in corso d’opera – Necessario il visto della Soprintendenza

Il C.E.L (certificato di esecuzione lavori) può essere rilasciato anche qualora il contratto d’appalto non sia ancora concluso, ovvero, detto altrimenti, se i lavori sono ancora in corso di esecuzione, per quella parte di lavori che il R.u.p. attesti completata con buon esito e contabilizzata. Ma per i lavori in OG2 il visto della Soprintendenza è necessario.

Questo il principio sancito dal Consiglio di Stato che, sebbene respinga l’appello, si sofferma sulla sentenza di primo grado confermandola sia pure con diversa motivazione.

La sentenza di primo grado, infatti, aveva respinto il ricorso di impresa esclusa per aver presentato C.E.L riferito a lavori ancora in corso nella categoria OG2 e privo della necessaria sottoscrizione da parte della Soprintendenza.

Il giudice di primo grado aveva respinto il ricorso perchè il C.E.L. non poteva essere considerato utile al fine della dimostrazione del buon esito dei lavori in quanto riferito ad un intervento in corso d’opera e per l’assenza dell’attestazione di buon esito dei lavori da parte della Soprintendenza competente.

L’impresa presenta appello, che Consiglio di Stato,  Sez. V , 21/ 02 / 2020, n.1320respinge, affermando comunque i seguenti principi:

Il giudice di primo grado si è limitato ad esaminare una sola delle ragioni, il carattere parziale dei lavori certificati, e l’ha ritenuta sufficiente ad escludere l’idoneità del C.E.L. per aver ritenuto che solo lavori completamente eseguiti possano dare affidamento sulla capacità tecnica dell’impresa di eseguire le obbligazioni assunte con il contratto di appalto.

Ritiene il Collegio che il ragionamento del giudice di primo grado non sia condivisibile ma che, ciononostante, il C.E.L. presentato dalla XXXX. non sia utile alla dimostrazione del requisito di capacità richiesto sia perché il certificato risulta di data posteriore al termine per la presentazione delle domande, sia per l’assenza del visto da parte della Soprintendenza xxx.

Dopo essersi soffermato sulla Sentenza di primo grado e sulla funzione del C.E.L., il Consiglio di Stato afferma che :

Non v’è ragione per ritenere che l’impresa possa richiedere alla committenza (pubblica o privata) il rilascio del certificato di esecuzione solamente quando il contratto d’appalto sia stato integralmente concluso, nel senso che non residuano più prestazioni dovute a carico di entrambe le parti.

Il certificato di esecuzione lavori può essere rilasciato anche qualora il contratto d’appalto non sia ancora concluso, ovvero, detto altrimenti, se i lavori sono ancora in corso di esecuzione, per quella parte di lavori che il R.u.p. attesti completata con buon esito e contabilizzata.

Rileva, in tal senso, il dato normativo: l’art. 83, comma 2, d.P.R. n. 210 cit. in precedenza riportato ammette la possibilità che la SOA sia chiamata a valutare lavori “in corso di esecuzione alla data di sottoscrizione del contratto con la SOA”; e, d’altra parte, non è un caso che lo schema di certificato fornito dall’Allegato B al regolamento (al Quadro 6.1.) preveda si dia risposta alla domanda se “I lavori sono in corso …SI/NO”.

E’ stato però chiarito che dal combinato disposto delle norme che disciplinano il C.E.L. si evince che “l’impresa acquisisce il requisito tecnico organizzativo, costituito dall’aver svolto lavori per un certo importo in una certa categoria, col rilascio del Certificato di esecuzione lavori” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 dicembre 2017, n. 6135). Si è in presenza, dunque, di un atto rientrante nella categoria dei c.d. accertamenti costitutivi, poiché l’effetto dell’accertamento è quello di costituire il requisito in capo all’impresa che richiede il certificato.

Dalle considerazioni esposte deriva che il ragionamento svolto dal giudice di primo grado non può essere condiviso in quanto il C.E.L. non attesta l’affidabilità dell’impresa nell’esecuzione di tutte le obbligazioni sorte dal contratto di appalto, ma solo la corretta esecuzione dei lavori, ossia la sua capacità tecnico – organizzativa, ed è per questa ragione che può senz’altro ammettersi che la committenza certifichi anche lavori eseguiti in forza di contratto non ancora concluso, ma che, nondimeno l’impresa deve essere in possesso del C.E.L., con il quale intende dar prova del requisito, al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta.

Costituisce, infatti, principio consolidato quello per cui i requisiti di qualificazione devono essere posseduti dal momento della presentazione della domanda e per tutta la durata di esecuzione del contratto; consentire l’integrazione del C.E.L. nel corso della procedura costituirebbe palese violazione del principio della par condicio tra i concorrenti.

Il C.E.L. presentato dall’impresa appellante, comunque, non era utile a dar prova del requisito di qualificazione per l’assenza del visto da parte della Soprintendenza competente.

E’, infatti, indispensabile che il C.E.L., quand’anche riferito a lavori parziali, presenti il contenuto richiesto dalle disposizioni normative……

Per cui resta fermo che il visto della Soprintendenza non può essere derubricato a “mera formalità”, poiché rispondente all’esigenza che la certificazione dell’esecuzione di particolari tipologie di lavori (nel caso di specie, lavori su immobili di interesse storico, artistico e archeologico) sia attestata da parte delle amministrazioni che, in quanto preposte alla tutela dei beni interessati, sono effettivamente in grado di valutarne la corretta esecuzione.

Il C.E.L., come documento probatorio della capacità di idoneità tecnica organizzativa, poi, non è, per espressa indicazione normativa, surrogabile da altra documentazione e, tanto meno, dalla fattura rimessa dall’impresa e pagata dall’amministrazione (anch’essa, peraltro, di data posteriore al termine per la presentazione delle offerte).

È del tutto ragionevole, pertanto, la scelta dell’amministrazione di richiedere il C.E.L. quale documento a comprova dell’esecuzione di precedenti lavori, e, d’altra parte, di escludere l’impresa che di tale documentazione non sia in possesso al momento della presentazione della domanda di partecipazione, con motivazione esente da critiche.

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