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Sentenze

Revoca dell’aggiudicazione provvisoria dopo due anni – All’impresa spetta il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale

Il Tar Veneto conferma la più recente giurisprudenza sul risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione.

Il caso in questione è simile a quello scrutinato dal Tar Campania sopra richiamato, sebbene non perfettamente sovrapponibile in quanto riferito alla revoca per carenza di finanziamenti ( anche in questo caso a distanza di due anni) di un’aggiudicazione provvisoria.

L’impresa presenta domanda principale con cui chiede l’annullamento della revoca dell’aggiudicazione ( che sostiene essere asseritamente illegittima) e il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione, conseguente alla revoca illegittima (danno da provvedimento illegittimo).

L’impresa in subordine, qualora il giudice reputasse legittima la revoca dell’aggiudicazione, ha chiesto la condanna della P.A. al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale.

Sulla revoca dell’aggiudicazione provvisoria Tar Veneto, Sez. II,16 giugno 2020, n.508respinge il ricorso:

Una volta assodato che la contestata revoca ha interessato l’aggiudicazione provvisoria (e non l’aggiudicazione definitiva) vanno respinte le censure con cui la ricorrente deduce l’illegittimità della revoca perché emanata in assenza della comunicazione di avvio del procedimento, in violazione dai presupposti di cui all’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990, non accompagnata da una motivazione rafforzata che tenga conto anche del lungo tempo decorso e dalla corresponsione dell’indennizzo prescritto dall’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990.

Prima dell’aggiudicazione definitiva, la stazione appaltante non ha l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di revoca o annullamento d’ufficio al concorrente, sebbene aggiudicatario provvisorio (cfr. Cons. Stato, III, 24 maggio 2013, n. 2838; Cons. Stato, V, 18 luglio 2012, n. 4189; 21 novembre 2007, n. 5925; 24 marzo 2006, n. 1525): ciò in quanto l’aggiudicazione provvisoria è atto endoprocedimentale ad effetti instabili e interinali, rispetto al quale l’aggiudicatario può vantare una mera aspettativa alla conclusione del procedimento e non già una posizione giuridica qualificata; essa, a differenza dell’aggiudicazione definitiva, non è idonea a ingenerare il legittimo affidamento che impone l’instaurazione del contraddittorio procedimentale prima di agire in autotutela (cfr. Cons. Stato, III, 11 luglio 2012, n. 4116; V, 23 giugno 2010, n. 3966).

Né può sostenersi che il lungo tempo trascorso tra l’aggiudicazione provvisoria e la revoca della stessa nonché dell’intera gara abbia mutato la natura giuridica di atto provvisorio, ad effetti instabili, dell’aggiudicazione provvisoria, atteso che il termine di trenta giorni stabilito dall’art. 12 del d.lgs. n. 163 del 2006 comporta solamente che l’aggiudicazione si consideri, nel silenzio dell’Amministrazione, approvata, ma non che essa determini l’aggiudicazione definitiva, la quale resta sempre sottoposta alla verifica del possesso dei requisiti in capo all’aggiudicataria (Cons. Stato n. 5834/2018).

La natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili, tipica dell’aggiudicazione provvisoria, spiega la non tutelabilità processuale di quest’ultima ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della l. n. 241 del 1990: la sua revoca (ovvero, la sua mancata conferma) non è infatti qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, tale cioè da richiedere un raffronto tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l’aggiudicazione provvisoria non è l’atto conclusivo del procedimento (Cons. Stato Sez. III – sentenza 6 agosto 2019, n. 5597).

Negli appalti pubblici, motivazioni di carattere finanziario (assenza dei fondi necessari per la realizzazione dell’opera) possono costituire valide ragioni di revoca degli atti di una gara: e ciò vieppiù a dirsi rispetto a manifestazioni di ius poenitendi che, come nel caso di specie, non impattano su una situazione di affidamento qualificato, quale quello espresso dall’aggiudicazione definitiva.

L’assenza, originaria o sopravvenuta, dei fondi necessari per la realizzazione dell’opera costituisce una valida ragione di revoca degli atti di atti di gara poiché il corretto svolgimento dell’azione amministrativa e un principio generale di contabilità pubblica risalente all’art. 81 della Costituzione esigono che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto se provvisti di adeguata copertura finanziaria (Cons. Stato n.1457/2003). D’altra parte, se specifiche ragioni di interesse pubblico (la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico o una rinnovata valutazione di quelle originarie) possono consentire la revoca dell’aggiudicazione definitiva di un appalto (Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2000, n.5710), a maggior ragione deve riconoscersi che l’amministrazione è legittimata a negare l’aggiudicazione definitiva quando non sarebbe possibile l’assunzione dell’impegno di spesa.

L’indennizzo ex art. 21 quinquies, l. n. 241 del 1990 non spetta in caso di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, trattandosi, come più volte osservato, di ius poenitendi che investe un atto avente per sua natura efficacia instabile ed interinale destinata ad essere superata con l’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento, mentre l’art. 21-quinquies della l. n. 241 del 1990 correla detto indennizzo ai soli provvedimenti amministrativi “ad effetti durevoli” (così C.d.S., V, 21 aprile 2016, n. 1600; III, 7 luglio 2017, n. 3359), locuzione nella quale non rientrano l’aggiudicazione provvisoria e gli atti propedeutici, quali il bando di gara.

La legittimità della revoca dell’aggiudicazione provvisoria determina il rigetto della domanda svolta in via principale, con cui la ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo (danno da revoca illegittima) parametrato al c.d. interesse positivo.

Diversa la decisione sulla domanda subordinata con cui la ricorrente ha chiesto la condanna della P.A. al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale (danno da comportamento scorretto), che viene accolta parzialmente.

La revoca dell’aggiudicazione provvisoria e degli atti prodromici, pur legittima, nel caso di specie, deve reputarsi scorretta in quanto tardiva: il provvedimento di revoca degli atti di gara per mancanza di fondi è legittimo, se non doveroso, ma costituisce l’epilogo di una condotta complessiva della P.A. connotata da superficialità e disattenzione. ……….

La scorrettezza va rinvenuta proprio nella contraddittorietà del comportamento della stazione appaltante che ha bandito una gara che non avrebbe mai dovuto aver inizio per mancanza dei relativi fondi o, comunque, ha mantenuto in piedi una gara senza verificare il permanere della necessaria copertura finanziaria.

La legittimità dell’atto di revoca degli atti di gara per carenza dei fondi necessari a realizzare l’opera non esclude la responsabilità precontrattuale dovendosi, sotto questo profilo, stabilire non se la P.A. si sia condotta da corretto amministratore, ma se si sia comportata da corretto contraente.

Come chiarito dal Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze 5 settembre 2005 n. 6 e 4 maggio 2018, n. 5, nello svolgimento della propria attività, l’Amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza.

Nelle gare di appalto, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento.

A fronte di comportamenti della stazione appaltante che integrino la violazione dei doveri di correttezza e di buona fede, il privato ha diritto, nonostante la legittimità dell’atto di revoca, al risarcimento del danno da lesione del c.d. interesse negativo – interesse a non essere coinvolto in trattative inutili – che include le spese sostenute per partecipare alla gara e, ove dimostrata, la perdita della c.d. chance contrattuale alternativa (ovvero la possibilità di partecipare ad altra gara pubblica e, quindi, di aggiudicarsi un diverso appalto).

Nel caso di specie l’ATI ricorrente non ha specificamente allegato e provato di aver perso la chance di aggiudicarsi altre gare d’appalto, sicchè il risarcimento va commisurato alle sole spese sostenute per partecipare alla gara, inclusi i costi di progettazione sostenuti per presentare l’offerta.

Il Tar stabilisce pertanto che vanno riconosciute alla ditta ricorrente, a titolo di danno emergente, le spese sostenute per la partecipazione alla gara oltre rivalutazione e interessi.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza Appalti

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