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Sentenze

I servizi di elaborazione delle buste paga sono riservati a professionisti iscritti all’albo dei consulenti del lavoro.

Il Tar Lazio, nell’annullare l’aggiudicazione, ricorda che i servizi che riguardano le prestazioni in materia di lavoro, previdenza e assistenza dei lavoratori, possono essere esercitati, in via esclusiva, solo dai professionisti iscritti in appositi albi, ancorché aggregati in forma societaria, nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 10 della legge 12 novembre 2011 n.183.

Nel caso in esame, risulta illegittima l’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata, che non è una società tra professionisti.

Tar Lazio, Roma, Sez. Seconda Ter, 28/ 10/ 2020, n.11035 così motiva l’accoglimento del ricorso:

Dal combinato disposto delle norme sopra citate discende che le attività riservate ai professionisti abilitati ai sensi dell’art. 1 della legge n. 12 del 1979 possono essere esercitate in forma societaria soltanto ove sia costituita una società tra professionisti nel rispetto dei criteri stabiliti dall’art. 10 della legge n. 183 del 2011.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha evidenziato che “Al riguardo…vale osservare che l’articolo 1 – commi primo e quinto – della l. n. 12 del 1979, letto in combinato disposto con l’articolo 10, cit., va inteso nel senso di non consentire la partecipazione di una gara di appalto di servizi avente ad oggetto lo svolgimento di prestazioni per le quali opera la riserva di iscrizione all’albo professionale da parte di società commerciali diverse da quelle costituite ed operanti ai sensi del richiamato articolo 10, pur se le società assicurino che le attività professionali saranno effettivamente espletate…da un professionista legato alle società da un rapporto di lavoro subordinato. Infatti, allo stato dell’ordinamento nazionale (e prescindendo da modelli del tutto peculiari che qui non rilevano come le società tra avvocati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 o le società di ingegneria di cui all’articolo 90, comma 2, lettera b) del Codice dei contratti pubblici), si ritiene che il modello delle società fra professionisti di cui all’articolo 10 della l. 183 del 2011 costituisca la sola forma ammessa di esercizio in forma societaria delle professioni intellettuali di cui al Libro V – Titolo IV – Capo II del Codice civile (in virtù di questo modello è stato superato il generalizzato divieto di prestazione professionale in forma societaria o simili, già sancito dall’articolo 2 della l. 23 novembre 1939, n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza)” (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 gennaio 2015, n. 103 e, in tempi più recenti, sez. V, 8 maggio 2018, n. 2748).

Nel caso in esame non è controverso che la società controinteressata non è costituita come una società tra professionisti.

Dopo aver richiamato l’oggetto dell’appalto il Tar stabilisce che :

Dalla lettura delle previsioni riportate emerge l’indiscutibile riconducibilità al novero degli adempimenti professionali di alcune delle attività sopra descritte, laddove implicano l’attività di elaborazione delle buste paga e di cura delle elaborazioni necessarie agli adempimenti previdenziali e assicurativi, attività connotate da una certa complessità di tipo tecnico-giuridico e/o tecnico-contabile, che si attuano attraverso l’espletamento di prestazioni di carattere intellettuale implicanti l’acclarato possesso di specifiche cognizioni lavoristico-previdenziali, ossia di prestazioni per le quali opera il regime di riserva legale dell’iscrizione agli albi professionali previsto dall’art. 1 della citata legge n. 12/1979 (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 8 maggio 2018 n. 2748; Consiglio di Stato, Sez. VI, 16 gennaio 2015 n. 103);

A nulla rileva, di conseguenza, il fatto che nello svolgimento del servizio la controinteressata avrebbe utilizzato un proprio software, rimettendo determinati adempimenti alla stazione appaltante.

Deve infatti ricordarsi che le attività oggetto di un appalto pubblico “presentano carattere unitario ed inscindibile ai fini del complessivo risultato gestionale da garantire alla committenza e che, in tale contesto, non appaiono affatto scorporabili quelle il cui svolgimento risulti riservato ai professionisti iscritti all’albo” (Tar Campania, Napoli, sez. II, 16 dicembre 2019, n. 05967, che richiama sul punto Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 103/2015 cit.).

Né rileva la mancata previsione del requisito di partecipazione nella lex specialis di bando.

Come infatti osservato in giurisprudenza in fattispecie similiari “il requisito legale di speciale qualificazione professionale in ambito lavoristico-previdenziale, pur non essendo stato previsto espressamente dal bando, costituiva un requisito di partecipazione che entrava a far parte della disciplina di gara in forza dell’eterointegrazione effettuata dall’art. 1 della legge n. 12/1979. Invero, l’istituto dell’eterointegrazione del bando ha come necessario presupposto la sussistenza di una lacuna nella disciplina di gara: pertanto, solo nel caso in cui la stazione appaltante abbia omesso, come nel caso di specie, di inserire in tale disciplina elementi previsti come obbligatori dall’ordinamento giuridico, in quanto imposti da norme imperative, interviene il meccanismo di integrazione automatica ad opera della legislazione in materia, analogamente a quanto avviene nel diritto civile ai sensi degli artt. 1374 e 1339 c.c., colmandosi in via suppletiva il contenuto incompleto del bando attraverso l’aggiunta della clausola legale. Peraltro, è ormai invalso il principio secondo il quale nella materia delle pubbliche gare esiste una causa di esclusione per ogni norma imperativa che preveda in modo espresso un obbligo – anche per il tramite della fissazione di un requisito – o un divieto, laddove l’obbligo non venga rispettato o il divieto venga trasgredito: in questi casi, la norma imperativa di legge sortisce l’effetto di integrare dall’esterno le previsioni escludenti contenute nella disciplina di gara (così Tar Campania, Napoli, sez. II, 16 dicembre 2019, n. 05967, che richiama Consiglio di Stato, A.P., n. 9/2014; Consiglio di Stato, Sez. V, 19 marzo 2018 n. 1753 e 7 febbraio 2018 n. 815; Consiglio di Stato, Sez. III, 24 ottobre 2017 n. 4903).

Ne consegue che alla luce della normativa e della giurisprudenza citata, che la società controinteressata non poteva ritenersi autorizzata a svolgere prestazioni professionali riservate agli iscritti all’Albo dei consulenti del lavoro e pertanto, come dedotto dalla ricorrente, doveva essere esclusa.

Il ricorso va pertanto accolto con assorbimento di ogni altra censura e il provvedimento di aggiudicazione va annullato.

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