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Sentenze

Valutazione di anomalia ed inquadramenti professionali

In un appalto di servizi la ricorrente contesta la previsione di impiegare per il servizio 26 “operai con patente per i servizi di manovra”, inquadrandoli al 3° livello contrattuale anziché al 4° livello come dovrebbe essere sulla base del CCNL Multiservizi.

In primo grado il motivo di ricorso viene respinto perché  “il sindacato del giudice amministrativo sugli esiti del giudizio di anomalia è limitato ai soli casi di macroscopiche illegittimità o errori di valutazione e comunque il giudizio di anomalia deve tendere ad accertare che l’offerta economica risulti nel suo complesso attendibile, senza attardarsi nell’esame delle singole voci, seppure anomale”.

Consiglio di Stato, Sez. V, 11/03/2021, n. 2086, respingendo l’appello, conferma invece la posizione della giurisprudenza secondo cui, non essendo possibile imporre un determinato CCNL per partecipare alla gara, l’impresa è libera anche di operare i corrispondenti inquadramenti professionali:

7. – Con il secondo motivo, l’appellante contesta la sentenza nella parte in cui non ha accolto la censura di illegittimo demansionamento di n. 26 operai addetti alla movimentazione dei mezzi, inquadrati dall’aggiudicatario al 3° livello contrattuale anziché al 4° (come imposto dall’art. 10 del CCNL Multiservizi, applicabile nel settore di riferimento); il che comporterebbe la violazione dell’art. 30, comma 3, del Codice dei contratti pubblici (il quale stabilisce che «Nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali»), nonchè l’illegittimo abbattimento dei costi del personale.

7.1. – La censura è infondata alla luce della giurisprudenza che preclude alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l’applicazione di un determinato CCNL per la partecipazione alla gara (di recente in tal senso cfr. Cons. St., V, 3 novembre 2020, n. 6786), che implica anche la libertà dell’imprenditore di operare gli inquadramenti professionali secondo la regolamentazione dettata dal CCNL applicato. Ne consegue che la difformità tra l’inquadramento professionale attribuito al lavoratore e la qualifica contrattuale spettantegli secondo le declaratorie previste dal contratto collettivo, dev’essere fatta valere – in linea di principio – nell’ambito dei rapporti fra lavoratore e datore di lavoro [salvi i riflessi sulla congruità complessiva dell’offerta, se l’inquadramento è del tutto anomalo o abnorme in relazione ai profili professionali ritenuti necessari per lo svolgimento del servizio; e fatti salvi, altresì, i riflessi in punto di ammissibilità dell’offerta, se il CCNL di settore, applicato dall’offerente, sia del tutto avulso rispetto all’oggetto dell’appalto (ipotesi che non ricorrono nel caso di specie, in cui si discute dell’attribuzione di un determinato livello professionale nell’ambito dello stesso CCNL)].

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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