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Sentenze

Variante articolo 106 prima della stipula del contratto. Può essere legittima!

La ricorrente contesta la scelta della stazione appaltante, conseguente ad una generale riorganizzazione della rete di laboratori, di rinegoziare l’offerta dell’aggiudicataria con previsione di maggiori quantità di prodotti.

Le modifiche apportate, secondo parte ricorrente, avrebbero determinato una complessiva violazione degli obblighi di evidenza pubblica che avrebbero imposto all’amministrazione di indire una nuova gara aperta.

Tar Piemonte, Sez. I, 28/ 06/ 2021, n. 667 respinge il ricorso:

Con riferimento a tale atto, in sostanza, la ricorrente lamenta una radicale violazione delle norme di evidenza pubblica, in quanto le modifiche contrattuali sarebbero tante e tali da traslare la fattispecie in un contesto di obbligatorio nuovo appello al mercato.

Anche per tale profilo la ricostruzione di parte ricorrente non appare rispettosa del complessivo e reale contesto in cui la scelta è maturata; anche a non voler accedere alla più radicale tesi dell’assenza di interesse a pretendere la edizione di una nuova gara aperta (perché, come infra chiarito, sostanzialmente impraticabile dal punto di vista dell’interesse pubblico e dell’affidamento già creatosi in capo al pure esistente aggiudicatario del pregresso appalto), l’analisi del contesto concreto della modifica contrattuale resta necessaria per comprendere la disciplina applicabile e porta ad escludere che la scelta fatta dalla ASL possa dirsi una violazione o elusione dell’evidenza pubblica.

Le difese dell’amministrazione e della controinteressata hanno infatti evidenziato come sussistessero, nel caso di specie, i presupposti per una parziale rinegoziazione del contratto ai sensi dell’art. 106 co. 1 e 7 del d.lgs. n. 50/2016.

In discussione parte ricorrente ha evidenziato come la deliberazione impugnata non invochi espressamente l’articolo in questione e sia intervenuta nella fase compresa tra aggiudicazione e contratto, e quindi prima della stipulazione del contratto stesso.

Ritiene il collegio che entrambe gli assunti provino troppo.

Quanto alla prima obiezione la mera mancata esplicita evocazione di una norma non preclude al giudice la corretta qualificazione giuridica di un atto, purchè ne sussistano i presupposti. L’atto impugnato risulta ampiamente motivato con riferimento ai presupposti in fatto che vi hanno dato luogo e che si procede ad analizzare nella logica di una variante.

Quanto alla seconda obiezione, ritiene il collegio che il significato dell’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 debba interpretarsi secondo la sua ratio e sia ascrivibile, nel suo complesso, sia all’esigenza di governare le sopravvenienze contrattuali sia a quella di evitare (in un contesto in cui l’appello al mercato è la regola) vere e proprie forme di diseconomia procedimentale.

Se è infatti evidente, come giù detto, che l’appello al mercato, e quindi il rigoroso rispetto dell’evidenza pubblica, è un pilastro del sistema eurounitario degli appalti, il medesimo sistema si ispira anche a principi di efficacia, economicità, celerità.

Ora è del tutto ovvio che ogni azzeramento di una procedura amministrativa in assenza di specifiche illegittimità che la affliggano ha un costo (in termini di tempo e dispendio di inutile attività amministrativa) ed un rischio (a fronte degli altrui affidamenti nelle more consolidatisi) per l’amministrazione; si intende dire che la vanificazione di gare di per sé legittimamente condotte non è certo tra gli obiettivi dell’evidenza pubblica.

E’ anche evidente come diversa sia la situazione tra l’ipotesi in cui la gara sia ex se afflitta da illegittimità, condizione che la pone al di fuori del sistema dell’evidenza pubblica, e l’ipotesi, quale quella per cui è causa, in cui la gara sia in un certo senso stata “vittima” di meccanismi e forme di riorganizzazione, che pur competono legittimamente all’amministrazione ma possono finire per indurre, da un lato, una vanificazione di attività ab origine legittimamente posta in essere e, dall’altro, la frustrazione di posizioni di affidamento consolidate in capo a taluni operatori, con rischi anche economici per la parte pubblica.

Ne consegue, in siffatti casi, un legittimo margine di valutazione (il cui ambito, come infra chiarito, per le rinegoziazioni risulta obiettivamente circoscritto dalla normativa) in capo all’amministrazione tra l’alternativa di rifare appello al mercato (con le diseconomie e i rischi già evidenziati) ovvero tentare (nei limiti consentiti dall’art. 106) di ricondurre il contratto ad utilità.

In tale contesto parte ricorrente pone l’enfasi sulla mancata stipulazione del contratto, momento attorno al quale ruota buona parte del dibattito giuridico del nostro ordinamento per la semplice ragione che è stato individuato come principale e più semplice elemento di discriminazione tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria; siffatto dibattito, che caratterizza l’ordinamento nazionale, non ha alcuna rilevanza per l’ordinamento eurounitario da cui la disciplina degli appalti è derivata.

Se la stipulazione del contratto viene quindi valorizzata ampiamente nel dibattito giuridico nazionale quale elemento cardine di passaggio dalla fase pubblicistica a quella privatistica ai fini del corretto riparto di giurisdizione, siffatta drastica dicotomia non corrisponde alla realtà economica dell’appalto, che presenta invece una sua fisiologica continuità.

Si intende dire che, del tutto pacificamente, ben prima della formale stipulazione del contratto possono aversi attività esecutive (si pensi all’esecuzione urgente ed anticipata) e ben dopo la stipula del contratto possono aversi momenti pubblicistici (si pensi della risoluzione contrattuale perché l’impresa è colpita da una interdittiva antimafia).

In tale contesto è evidente come ogni forma di esecuzione (anche prima della formale stipula del contratto) non potrà che seguire lo schema negoziale preconfigurato dal bando e dall’aggiudicazione e potrà implicare problematiche esecutive di fatto.

In sostanza la fase contrattuale, dal punto di vista economico, trova inizio con ogni forma di esecuzione alla quale, fisiologicamente, appartiene anche la problematica delle varianti.

D’altro canto, come correttamente osservato dalla difesa della ASL, qualora l’attività qui condotta dall’amministrazione fosse ritenuta illegittima solo perché intervenuta a monte della stipulazione del contratto, non essendo in questa sede in discussione la pur sussistente e valida aggiudicazione in capo alla controinteressata, l’annullamento della sola delibera impugnata metterebbe la ASL nella condizione, a fronte di una valida ed esistente aggiudicazione, di procedere alla stipulazione formale del contratto e quindi rinegoziarlo ai sensi dell’art. 106, ottenendo esattamente lo stesso risultato.

Ancora la parte ricorrente opina in tutto il ricorso quasi come se l’accoglimento dello stesso ingenerasse, ragionevolmente, la riedizione della gara per tutti gli analiti necessari, tesi che evidentemente si scontra con la presenza di una valida aggiudicazione il cui annullamento (per ragioni di riorganizzazione sopravvenuta, e quindi di opportunità) non è qui in discussione e spetterebbe pur sempre alla valutazione discrezionale dell’amministrazione in quanto implica, da un lato, un vaglio di prevalente interesse pubblico e, dell’altro, anche un bilanciamento con l’affidamento ingeneratosi in capo al privato.

La scelta dell’amministrazione di individuare i termini della necessaria rinegoziazione ancor prima di procedere alla stipulazione del contratto si configura in fondo come prudente, poiché, posto che la rinegoziazione implica ovviamente l’accordo della controparte, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, si sarebbe rafforzata in capo all’amministrazione una possibilità di revoca fondata sulle sopravvenienze organizzative e su un ragionevole rispetto delle aspettative dell’aggiudicatario.

Venendo quindi ai presupposti legali delle varianti l’art. 106 del d.lgs. 50/2016 pone quali precondizioni delle modifiche contrattuale senza nuova procedura, tra l’altro, la seguente ipotesi:

“c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni..:

1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste o imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore…tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;

2) la modifica non altera la natura generale del contratto.”

Ai sensi del comma 7 del medesimo articolo, inoltre, il contratto può essere modificato se l’eventuale aumento di prezzo non eccede il 50 per cento del valore del contratto iniziale. “In caso di più modifiche successive tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare il presente codice.”

Pare al collegio che tutte le sovrariportate condizioni sussistano nel caso di specie.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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