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Sentenze

Sulla natura dell’accordo quadro e sulla differenza tra appalto e concessione. Un caso in cui vi era incertezza circa il reale oggetto della prestazione

Interessante la pronuncia Consiglio di Stato, V, 06 agosto 2021, n. 5785, che tocca diversi temi rilevanti della contrattualistica pubblica, in relazione ad una vicenda in cui nel capitolato dell’accordo quadro rilevava una commistione tra prestazioni, vitto e sopravvitto, l’una equiparabile ad una appalto di fornitura, l’altra come concessione di servizi, ove peraltro quest’ultima era meramente eventuale ed attivabile a discrezione della stazione appaltante.

a) sulla natura dell’accordo quadro

Invero, secondo quanto disposto dagli art. 3, lett. ii), e 54 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per accordo-quadro s’intende “l’accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda il prezzo e, se del caso, le quantità previste”; esso perciò costituisce una procedura di selezione del contraente (che non postula alcuna deroga ai principi di trasparenza e completezza dell’offerta) allo scopo di semplificare, sotto il profilo amministrativo, il processo d’aggiudicazione dei contratti fra una o più stazioni appaltanti ed uno o più operatori economici, individuando futuri contraenti, prefissando condizioni e clausole relative agli appalti in un dato arco temporale massimo, con l’indicazione dei prezzi e, se del caso, delle quantità previste.

Così facendo l’amministrazione accorpa la maggior parte degli adempimenti amministrativi ed ottiene un risparmio di attività procedimentale, nonché di oneri connessi alle procedure di affidamento; in particolare, questa fattispecie contrattuale è particolarmente utile per le pubbliche amministrazioni quando non sono in grado di predeterminare, in maniera precisa e circostanziata, i quantitativi dei beni da acquistare oppure nelle ipotesi in cui questi siano caratterizzati da rapida obsolescenza tecnica e/o da forti oscillazioni dei valori di mercato., così che tra accordo quadro e contratto esecutivo deve esservi necessariamente identità di oggetto (prestazioni e remunerazione delle stesse già prefissate).

(…) Nel caso di specie, invero, dalle ricordate disposizioni della lex specialis non vi è alcun elemento da cui possa dedursi che l’affidamento (all’aggiudicatario del servizio di vitto) del servizio di sopravvitto possa sussumersi nella figura del contratto meramente esecutivo del precedente accordo-quadro, per le prestazioni oggetto del servizio di sopravvitto, anche a voler prescindere dalla genericità delle indicazioni contenute negli atti di gara in esame, non risultando neppure fissato il corrispettivo (quello indicato riguardando esclusivamente il servizio di vitto).

b) sulla differenza tra appalto e concessione

Ai fini della ricostruzione giuridica della fattispecie delineata negli atti di gara rileva piuttosto che mentre il servizio del vitto è remunerato dalla diaria giornaliera oggetto di gara e si configura quindi come un appalto di fornitura, il servizio di sopravvitto (ad attivazione eventuale, che – come accennato in precedenza – consiste nel servizio di gestione dello spaccio interno per la vendita, previo approvvigionamento, di generi alimentari e di conforto, dei quali è consentito ai ristretti l’acquisto con risorse proprie) è remunerato dai ricavi delle vendite e si configura perciò come una concessione di servizi, dovendosi dunque procedere con apposita procedura competitiva ai fini del relativo affidamento. In tale prospettiva militano anche le specifiche previsioni del capitolato prestazionale sopra ricordate.

In quanto concessione di servizi vale per il servizio di sopravvitto la regola di cui all’art. 165 del d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui nei contratti di concessione opera “il trasferimento al concessionario del rischio operativo definito dall’articolo 3, comma 1, lettera zz) riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario”; detto rischio, peraltro, non può subire artificiose modifiche ad opera della stazione appaltante, dovendosi considerare solo il “rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico. Si considera che l’operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all’operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall’operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile”.

Al riguardo va anche ricordato (in termini, ex plurimis, Cons. Stato, IV, 22 marzo 2021, n. 2426) che il rapporto di concessione di pubblico servizio si distingue dall’appalto di servizi proprio per l’assunzione da parte del concessionario del rischio di domanda: mentre l’appalto ha struttura bifasica tra appaltante ed appaltatore ed il compenso di quest’ultimo grava interamente sull’appaltante, nella concessione, connotata da una dimensione triadica, il concessionario ha rapporti negoziali diretti con l’utenza finale, dalla cui richiesta di servizi trae la propria remunerazione.

9.5. Ciò posto, l’aver subordinato l’effettivo svolgimento del servizio di sopravvitto ad una scelta discrezionale della stazione appaltante del tutto imponderabile al momento della presentazione delle offerte non può non determinare un’alea contrattuale strutturalmente diversa ed eccedente rispetto a quella ordinaria considerata dal richiamato art. 3, comma 1, lettera zz) del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto riferita non alle pur mutevoli dinamiche del mercato – a fronte delle quali è la professionalità dell’operatore economico a consentire il raggiungimento di un certo qual equilibrio finanziario e quindi di un utile – bensì alla stessa possibilità pratica di svolgere o meno l’attività di cui trattasi.

9.6. Sotto altro concorrente profilo non può sottacersi che, prima ancora di tradursi in un aggravio dell’alea d’impresa, la pretesa della lex specialis di gara di imporre all’operatore economico la presentazione di un’offerta che in via di fatto tenga conto della mera eventualità di dover in un secondo momento altresì fornire il diverso servizio di sopravvitto, il cui valore peraltro non è neppure considerato nella base d’asta alla quale il prezzo offerto deve essere parametrato, determina la stessa incertezza dell’oggetto dell’affidamento.

Non si tratta di un’ipotesi di presunta “insostenibilità economica”, bensì di strutturale incertezza circa il reale oggetto della prestazione ai fini della formulazione di un’offerta coerente e consapevole.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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