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Sentenze

Modifiche al contratto nella fase fra la aggiudicazione e la stipula del contratto: sono legittime?

Nell’ambito di una gara per l’affidamento in concessione del servizio di TPL, l’impresa seconda graduata ha impugnato le delibere regionali con le quali sono state apportate alcune variazioni al contratto di concessione prima ancora della sua stipula. In particolare trattavasi di adeguamenti economici che vanno a coprire l’aumento del costo della materie prime e i cali di introito derivanti della situazione emergenziale dovuta alla pandemia da Covid 19. Secondo la ricorrente dette modifiche contrattuali a favore dell’aggiudicatario avrebbero modificato gli assetti posti alla base del confronto concorrenziale con conseguente affidamento senza gara di un contratto diverso.

Quid iuris?

Al quesito impresso nel titolo Tar Toscana, I, 25 febbraio 2022, n. 228 risponde affermativamente, pur dovendosi sottolineare le peculiarità che avvincono il caso scrutinato.

“Il principio di immodificabilità del contratto non ha carattere assoluto.

Corte di Giustizia UE, sez. VIII, nella sentenza del 7 settembre 2016, in C. 549-14, ha chiarito che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne derivano ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che tali disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle dell’appalto iniziale.

Ciò avviene, ha stabilito la Corte, solo quando le modifiche previste hanno l’effetto: a) di estendere l’appalto, in modo considerevole, ad elementi non previsti; b) di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario; c) di rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, «se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi.

I principi affermato dalla Corte di Giustizia hanno trovato attuazione nelle direttive e poi nella disciplina interna prevista dal codice dei contratti pubblici il quale, in particolare, all’art. 106 ha fra l’altro esemplificato quelle che sono le modifiche sostanziali incompatibili con la trasparenza e la par condicio e ammesso in via generale quelle modifiche il cui valore resti al di sotto del 10% salvo che alterino la natura complessiva del contratto.

E’ noto poi che la disciplina delle concessioni prevede una elasticità ancora maggiore in tema di rinegoziazione delle condizioni contrattuali.

Il fatto che la concessione determini il trasferimento in capo al concessionario del rischio operativo non vale a connotarne la causa come aleatoria (Consiglio di Stato sez. IV – 19/08/2016, n. 3653); operano quindi anche in riferimento a tale tipologia contrattuale i rimedi volti a ricalibrare il rapporto qualora siano intervenuti fatti obiettivi che alterino in misura significativa l’equilibrio fissato dal piano economico finanziario, fra i quali è espressamente contemplata la revisione del contratto (art. 165 comma 6 D.lgs 50/2016).

Il Collegio ritiene che il complesso delle regole e principi sopra delineati trova applicazione anche al caso di specie ancorché le sopravvenienze che hanno determinato le modifiche deliberate dalla Regione siano intervenute nella fase fra la aggiudicazione e la stipula del contratto.

In primo luogo perché essendo stata causata la considerevole dilatazione della durata di tale fase dal contenzioso instaurato da Mobit deve trovare applicazione il generale principio secondo cui i tempi del giudizio non devono di per sé incidere sul rapporto controverso, non potendosi ammettere che la instaurazione di lunghi contenziosi possa assumere (anche in via indiretta ed involontaria) connotati strumentali che vadano oltre la reintegrazione delle posizioni soggettive lese.

In secondo luogo, militano a favore della soluzione accolta anche i principi di buona amministrazione ed economia delle risorse pubbliche: la indizione di una gara per l’affidamento della concessione di trasporto pubblico locale costituisce un impegno straordinario per l’amministrazione oltre a rispondere ad esigenze essenziali della collettività. Per questo i suoi esiti non possono essere vanificati in ragione di qualunque sopravvenienza che imponga una revisione delle condizioni contrattuali originariamente fissate, dovendosi pervenire alla sua reiterazione, così come in fase di esecuzione del contratto, solo se le modifiche assumano carattere essenziale.

Ciò, tuttavia, nel caso di specie non accade.

Sotto un primo profilo la delibera impugnata si è, infatti, limitata a dare applicazione all’adeguamento del corrispettivo all’aumento dei costi nei termini espressamente previsti dalla legge di gara (adeguamento che peraltro è stato espressamente richiesto sulla base dei medesimi presupposti anche dai gestori nel corso del periodo ponte fra cui la stessa Mobit)

Si è trattato quindi di una operazione non finalizzata a rimettere in discussione l’originario equilibrio del contratto messo a gara ma a conservarlo secondo un meccanismo noto e predeterminato.

Anche gli interventi causati dalla emergenza covid costituiscono attuazione di meccanismi di riequilibrio previsti dalla legislazione regionale (L.R.T. 22 giugno 2020 n. 41) per far fronte ad una situazione eccezionale ed imprevedibile (e quindi non ascrivile all’ordinario rischio di gestione) che nel periodo in considerazione ha completamente alterato l’ordinario flusso della utenza.

La ricorrente stigmatizza anche la nuova clausola in base alla quale la Regione ha deliberato di riconoscere ad AT il diritto di rivedere le condizioni dell’affidamento, prevedendo che “per gli anni 2023-2030 nel caso di mancato conseguimento degli obiettivi di efficienza stabiliti a livello nazionale in attuazione dell’art. 27 del D.L. n. 50 del 24 aprile 2017, convertito con Legge n. 96 del 21 giugno 2017, si procederà alla eventuale revisione dell’assetto della rete nel rispetto degli artt. 17, 18 e 33 del contratto di gara.

Anche in questo caso si tratta, tuttavia, di una previsione tutt’altro che innovativa degli assetti negoziali in quanto il suo significato non è quello di aprire la strada a qualunque forma di revisione a semplice richiesta della aggiudicataria ma, più semplicemente, quello di inserire nel testo contrattuale un dato di fatto che opererebbe anche a prescindere dal suo recepimento: e cioè la necessità di ridefinire la ampiezza della rete di trasporto nel caso in cui i contributi statali previsti dal decreto legge 50/2017 dovessero essere ridotti”.

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