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Sentenze

L’istanza di revisione del prezzo formulata prima della stipulazione del contratto non è giuridicamente ipotizzabile ed ammissibile

Sul tema “caldo” della revisione prezzi va segnalata l’odierna Sentenza del Tar Brescia, che si esprime sulla richiesta di revisione prezzi avanzata dall’impresa aggiudicataria prima della stipula del contratto.

Con i giudici che ricordano come l’istanza di revisione del prezzo formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto non sia giuridicamente ipotizzabile né ammissibile, in quanto la revisione per sua natura presuppone un contratto (ad esecuzione continuata e periodica) già in corso.

Il ricorso viene dunque respinto da Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 10/03/2022, n.239, con le seguenti motivazioni:

4. Il Collegio ritiene che l’articolata censura di parte ricorrente debba essa disattesa, in relazione a tutti i profili dedotti.

4.1. Innanzitutto, è infondata la pretesa della parte ricorrente di fondare la propria domanda sulla lettera c) dell’art. 106 comma 1 d. lgs. 50/2016, la quale disciplina un’ipotesi diversa da quella della revisione dei prezzi.

L’art. 106 comma 1 lett. c) del d. lgs. n. 50/2016 dispone che “I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti: … c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni, fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari dal comma 7:

1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all’oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d’opera. Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;

2) la modifica non altera la natura generale del contratto”.

La norma, osserva il Collegio, disciplina i casi in cui, nel corso di svolgimento del rapporto contrattuale, si renda necessario, per circostanze impreviste e imprevedibili, modificare “l’oggetto del contratto” attraverso “varianti in corso d’opera”, ossia “modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15/11/2021, n. 7602), laddove invece, nel caso di specie, la domanda formulata dalla parte ricorrente all’amministrazione comunale concerneva unicamente l’adeguamento del prezzo dell’appalto ad asseriti aumenti dei costi del servizio.

D’altra parte, a tutto concedere, la ricorrente non ha provato la sopravvenienza di circostanze impreviste e imprevedibili, limitandosi a documentare un aumento del costo del servizio che, quand’anche consistente, deve essere “imprevedibile” per poter rientrare nella previsione normativa invocata dall’interessata (comunque inapplicabile alla fattispecie in esame, alla stregua di quanto esposto).

La stessa giurisprudenza formatasi sul previgente art. 115 d. lgs. 163/2006 – che, diversamente dall’attuale art. 106 lett. a) d. lgs. 50/2016, prevedeva l’obbligo di inserzione della clausola di revisione prezzi nei contratti ad esecuzione continuata e periodica – esigeva la prova rigorosa della “imprevedibilità” delle circostanze sopravvenute; e ciò sul rilievo che, “Anche se la clausola di revisione dei prezzi deve essere obbligatoriamente inserita nei contratti ad esecuzione continuata e periodica (art. 115, d.lgs. n. 163/2006), essa non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica di un contratto di durata, la quale costituisce proprio oggetto di specifico apprezzamento (al momento della formulazione dell’offerta economica) dei concorrenti che intendono concorrere alla gara d’appalto. Se indubbiamente il meccanismo deve prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto comparativo — per prevenire il pericolo di un’indebita compromissione del sinallagma contrattale — il riequilibrio non si risolve in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei valori delle materie prime (o dei quantitativi), che ne snaturerebbe la ratio trasformandolo in una clausola di indicizzazione” (T.A.R. Brescia, sez. I, 03/07/2020, n. 504; TAR Trieste, sez. I, 7 luglio 2021 n. 211)

Per contro, che l’aumento dei costi di smaltimento e trasporto dei rifiuti non fosse un evento imprevisto e imprevedibile alla data di indizione della gara in esame sembrerebbe dimostrarlo proprio la previsione di cui all’art. 46 comma 1 del capitolato speciale della gara espletata dal Comune di ….., la quale, proprio prefigurando evidentemente tale eventualità, aveva espressamente escluso qualsivoglia revisione dei costi unitari afferenti lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti a carico dell’impresa aggiudicataria.

Va anche rilevato, al riguardo, che nella propria memoria di replica la difesa comunale ha comunque contestato che nel periodo preso in considerazione dalla parte ricorrente si sia verificato un aumento dei costi di smaltimento, argomentando dagli stessi dati esposti dall’impresa appaltatrice nel PEF elaborato per le annualità 2020-2021, e ciò in considerazione del fatto che la voce più consistente dell’aumento riguarderebbe voci di costo diverse dallo smaltimento e dal trasporto dei rifiuti, quali “i costi generali del servizio” e il “servizio di spazzamento”.

4.2. La domanda della ricorrente va quindi inquadrata correttamente nella previsione di cui alla lettera a) dell’art. 106 comma 1, secondo cui “1. I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti: a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l’effetto di alterare la natura generale del contratto o dell’accordo quadro. (…)”.

4.2.1. La norma, diversamente – come detto – dal previgente art. 115 del d. lgs. n. 163/2006, rimette oggi alla discrezionalità della stazione appaltante la scelta di inserire o meno nei bandi di gara una clausola di revisione periodica del prezzo.

4.2.2. Tale disciplina è stata ritenuta compatibile con il diritto comunitario dalla Corte di Giustizia UE con sentenza del 19 aprile 2018, C 152/17, laddove si è affermato che la direttiva 2004/17/CE e i principi generali ad essa sottesi non ostano a norme di diritto nazionale che non prevedano la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva.

4.2.3. Ciò peraltro non comporta che, in presenza di una espressa esclusione negli atti di gara di ogni ipotesi di revisione del prezzo, l’impresa appaltatrice rimanga sprovvista di mezzi di tutela nel caso in cui si verifichi un aumento esorbitante dei costi del servizio in grado di azzerarne o comunque di comprometterne in modo rilevante la redditività; nel corso del rapporto, infatti, anche in presenza di una previsione escludente della legge di gara (come l’art. 46 comma 1 del capitolato speciale della gara qui in esame), qualora si verifichi un aumento imprevedibile del costo del servizio in grado di alterare il sinallagma contrattuale rendendo il contratto eccessivamente oneroso per l’appaltatore, questi può sempre esperire il rimedio civilistico di cui all’art. 1467 c.c., chiedendo la risoluzione del contratto di appalto per eccessiva onerosità sopravvenuta, alle condizioni previste dalla norma e, ovviamente, con azione proposta dinanzi al giudice competente.

4.2.4. Nel caso di specie, il capitolato speciale della gara vinta dalla società ricorrente prevedeva espressamente all’art. 46 comma 1 una clausola del seguente tenore: “Ai costi unitari delle singole voci dell’Offerta Economica presentata in sede di gara sarà applicato a partire dal secondo anno dalla data di sottoscrizione del verbale di consegna dell’Appalto, l’indice ISTAT dei prezzi per famiglie di operai e lavoratori con base all’anno e mese dell’avvio dei servizi. Non sono soggetti a revisione i costi unitari afferenti lo smaltimento e trattamento rifiuti a carico di I.A.”.

4.2.5. La legge di gara, quindi, escludeva espressamente (e legittimamente) la revisione del prezzo in caso di aumento dei costi afferenti allo smaltimento e al trasporto dei rifiuti, in tal senso vincolando sia la stazione appaltante sia gli stessi concorrenti, anche alla luce dell’art. 15.3.1. punto 4 del disciplinare di gara, secondo cui il concorrente “accetta, senza condizione o riserva alcuna, tutte le norme e disposizioni contenute nella documentazione gara”.

5. Va inoltre osservato che nel caso di specie l’istanza di revisione del prezzo è stata formulata dall’impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto, ossia in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non era giuridicamente ipotizzabile nè ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto (ad esecuzione continuata e periodica) già in corso. E così come nel corso del rapporto contrattuale l’impresa appaltatrice è tutelata, in caso di un esorbitante aumento dei costi del servizio, dall’istituto della revisione del prezzo (ove previsto dagli atti di gara) ovvero dalla possibilità di esperire i rimedi civilistici di risoluzione del vincolo sinallagmatico, nel diverso caso in cui l’evento imprevisto e imprevedibile si verifichi prima della stipulazione del contratto, l’impresa aggiudicataria è tutelata con la possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta: circostanza ampiamente verificatasi nella fattispecie in esame visto che il disciplinare di gara (art. 13) sanciva la vincolatività dell’offerta per il periodo di 180 giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle offerte, in conformità a quanto previsto dall’art. 32 comma 4 del Codice degli Appalti, mentre l’aggiudicazione in favore della ricorrente è stata pronunciata il 4 agosto 2020, a distanza di più due anni dalla scadenza del termine per il ricevimento delle offerte, fissato dal bando al 26 luglio 2018. E ciò comporta che la ricorrente, per non soggiacere ad un rapporto contrattuale divenuto – a suo dire – sperequato e antieconomico, avrebbe potuto rifiutarsi legittimamente di stipulare il contratto, anziché pretendere una revisione del prezzo espressamente esclusa dagli atti di gara e comunque inapplicabile ad un contratto non ancora in corso.

6. In tale contesto, appare inammissibile l’argomento con cui la parte ricorrente contesta la violazione del combinato disposto degli artt. 177 e 178 d. lgs. n. 152/2006 (i quali sanciscono l’obbligo delle pubbliche amministrazioni di favorire la sostenibilità e la fattibilità tecnico-economica delle prestazioni afferenti al ciclo dei rifiuti), dal momento che tale censura – a prescindere da ogni valutazione di merito – avrebbe dovuto essere formulata nei confronti della previsione escludente della legge di gara anziché nei confronti dei provvedimenti di diniego impugnati nel presente giudizio, che di quella previsione hanno fatto mera e doverosa applicazione.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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