Importante sentenza del Consiglio di Stato che, nell’accogliere l’appello, ricorda come l’articolo 24 comma 7 del Codice non introduca una causa automatica e insuperabile d’esclusione a carico del progettista poi coinvolto nella successiva fase esecutiva, bensì determini un regime di “inversione normativa dell’onere della prova”.
La società appellante si duole dell’accoglimento del ricorso di primo grado deducendo che la pregressa attività progettuale ( progettazione definitiva ) posta in essere dal soggetto designato in gara per la progettazione esecutiva non determina di per sé una ragione di esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016.
Secondo l’appellante il giudice di primo grado ha apoditticamente ravvisato al riguardo una situazione distorsiva nella “verosimile conoscenza” che i progettisti avrebbero di altri elementi conoscitivi, diversi da quelli che si materializzano normalmente nella documentazione tecnica: il che corrisponde tuttavia a una mera illazione priva di riscontri specifici e concreti.
Consiglio di Stato, Sez. V, 01/07/2022, n. 5499 accoglie l’appello:
2.3.2. Nel merito, è pacifico in fatto che i soggetti designati ai fini del progetto esecutivo dal Rti ………………abbiano partecipato nell’ambito di Rti all’attività di progettazione definitiva degli stessi lavori, così come è pacifico che entrambi i progettisti abbiano sottoscritto le relazioni tecniche rispettivamente presentate dal Rti ……… e dalla ……….
In tale contesto, trova applicazione la disposizione dell’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016, sostanzialmente corrispondente al previgente art. 90, comma 8 e 8-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 (cfr., ancor prima, l’art. 17, comma 9, l. n. 109 del 1994; al riguardo, v. Cons. Stato, IV, 2 maggio 2011, n. 2650 e richiami ivi alla giurisprudenza maturata nella vigenza della legge n. 109 del 1994).
La norma prevede che «gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione», e precisa che «Tali divieti non si applicano laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l’esperienza acquisita dell’espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori».
La ratio della previsione, da tempo chiarita dalla giurisprudenza, è quella di evitare che nella fase di selezione dell’appaltatore dei lavori sia “attenuata la valenza pubblicistica della progettazione” di opere pubbliche (Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3656), e cioè che gli interessi di carattere generale ad essa sottesi possano essere sviati a favore dell’interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di progetto “ritagliato ‘su misura’ per quest’ultimo, anziché per l’amministrazione aggiudicatrice” (Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2333), e la competizione per aggiudicarsi i lavori risulti falsata – anche alla luce del maggior compendio tecnico-informativo disponibile al progettista – a vantaggio dello stesso operatore (cfr. anche Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5454). Sotto altro profilo, in termini generali, il divieto si propone di assicurare le condizioni di indipendenza e imparzialità del progettista rispetto all’esecutore dei lavori, necessarie affinché il primo possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione assegnatagli dall’amministrazione, anche “di ausilio alla P.A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati” (Cons. Stato, n. 3656 del 2012, cit.; n. 2333 del 2020, cit.).
In tale prospettiva, la norma non introduce una causa automatica e insuperabile d’esclusione a carico del progettista coinvolto nella successiva fase esecutiva, bensì – a seguito dei correttivi introdotti in conseguenza della procedura d’infrazione europea Eu Pilot 4860/13/MARKT e della modifica legislativa di cui alla legge n. 161 del 2014, all’epoca intervenuta sul decreto legislativo n. 163 del 2006, con novellazione sostanzialmente corrispondente al testo dell’attuale art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016 – determina un regime di “inversione normativa dell’onere della prova” (Cons. Stato, V, 14 maggio 2018, n. 2853).
In particolare “Tale norma pone […] a carico dell’operatore economico aggiudicatario l’onere di dimostrare che l’esperienza acquisita nell’espletamento dell’incarico di progettazione non abbia determinato un vantaggio tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori in fase di gara” (Cons. Stato, V, 9 marzo 2020, n. 1691); d’altra parte la possibilità di fornire detta prova contraria deve essere necessariamente assicurata all’operatore (Cons. Stato, n. 2333 del 2020, cit.).
In tale prospettiva, se non v’è un divieto partecipativo assoluto e aprioristico conseguente all’avvenuta predisposizione del progetto, bensì un necessario accertamento da eseguire nel caso concreto in ordine alla posizione di vantaggio goduta dal progettista (cfr. Cons. Stato, Comm. Spec., parere 3 novembre 2016, n. 2285), v’è nondimeno una presunzione normativa d’incompatibilità che si rende necessario ribaltare.
Nel caso di specie, l’onere probatorio in ordine al superamento dei vantaggi che potessero «falsare la concorrenza con gli altri operatori» in favore dei progettisti definitivi può ritenersi assolto.
A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti