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Sentenze

Sulle fasi del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta

Il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, ricorda come la struttura “monofasica” del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta pur consentendo alla stazione appaltante di far luogo a ulteriori approfondimenti istruttori successivi alla presentazione delle ‘spiegazioni’, non introduca alcun obbligo in tal senso.

Perché il procedimento di verifica di anomalia non è volto a sanzionare di suo carenze formali circa la produzione documentale da parte dell’impresa, ma ha piuttosto lo scopo di vagliare preventivamente l’affidabilità dell’offerta.

Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 26/07/2022, n. 6577:

In termini generali, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito in proposito che l’art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede per la verifica di anomalia dell’offerta una “struttura monofasica del procedimento (e non più trifasica, cioè articolata in giustificativi, chiarimenti, contraddittorio, com’era, invece, nel regime disegnato dal previgente art. 87 d.lgs. n. 163/2006)”, e “pur consentendo alla stazione appaltante di far luogo a ulteriori approfondimenti istruttori successivi alla presentazione delle ‘spiegazioni’, non introduce alcun obbligo in tal senso” (Cons. Stato, III, 11 maggio 2021, n. 3709 e 3710).

Il principio va rettamente inteso e declinato, alla luce della giurisprudenza maturata nella materia e della disciplina di matrice europea, oltreché delle specifiche previsioni della lex specialis qui in rilievo.

Come posto in evidenza dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede l’esclusione per anomalia dell’offerta in due casi, e cioè “se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4” a fronte delle spiegazioni fornite dal concorrente, ovvero se è accertato che l’offerta è anormalmente bassa in relazione ai parametri indicati sub lett. a)-d) della stessa disposizione (cfr. Cons. Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 690).

Diversa da queste è l’ipotesi in cui “la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia, per non poter, in particolare, o ritenere insufficienti le giustificazioni presentate dal concorrente in relazione agli elementi di cui al comma 4 o accertare l’inadeguatezza complessiva dell’offerta sulla scorta degli indicatori di cui al comma 5 dell’art. 97”: rispetto a tale ipotesi “deve concludersi che la possibilità di avanzare altre richieste istruttorie non costituisce altro che una delle modalità di perseguimento dello stesso interesse pubblico all’individuazione del miglior offerente che imprime il relativo procedimento” (Cons. Stato, n. 690 del 2019, cit.; cfr. anche Id., III, 11 ottobre 2021, n. 6818).

In tale contesto, è stata così affermata la “necessità di esperire ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale […] laddove la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia ‘per non poter, in particolare, o ritenere insufficienti le giustificazioni presentate dal concorrente in relazione agli elementi di cui al comma 4 o accertare l’inadeguatezza complessiva dell’offerta’ (Cons. Stato, sez. V, sentenza n. 690 del 28 gennaio 2019)” (Cons. Stato, IV, 7 agosto 2020, n. 4973).

Se ne ricava che l’apprezzamento di merito – pur discrezionale – ai sensi dell’art. 9.5.5 del disciplinare, oltreché dell’art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 (richiamato peraltro dal primo), avrebbe consentito di escludere l’offerta in conseguenza della effettiva verifica di anomalia, dall’esito sfavorevole all’impresa; per converso, se l’amministrazione non fosse stata in grado di pervenire (secondo giudizio sostanziale) ad una delle ragioni di esclusione previste, l’integrazione documentale, o comunque l’istruttoria (con interlocuzione con l’operatore economico, e salve le conseguenze a carico di questo in caso di persistente inerzia) si sarebbe resa necessaria.

Il che si pone del resto in linea con la previsione dell’art. 69, par. 3, Direttiva 2014/24/Ue, a tenore della quale, nell’ambito della valutazione dell’anomalia, «L’amministrazione aggiudicatrice valuta le informazioni fornite consultando l’offerente. Essa può respingere l’offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al paragrafo 2», inerenti ai profili sostanziali di cui tener conto ai fini del vaglio di anomalia. Per questo, da un lato l’apprezzamento (e la conseguente motivazione) sostanziale consente l’espulsione per anomalia; dall’altro le informazioni fornite sono valutate «consultando l’offerente».

Emerge con chiarezza dunque come il procedimento di verifica di anomalia non richieda di (o sia volto a) sanzionare di suo carenze formali circa la produzione documentale da parte dell’impresa, ma abbia piuttosto lo scopo di vagliare preventivamente l’affidabilità (sostanziale) dell’offerta.

In tale prospettiva, laddove la lex specialis afferma che ove il Rup ritenga i giustificativi “non sufficienti ad escludere l’anomalia” “può chiedere […] ulteriori chiarimenti” non prevede una facoltà libera e incondizionata in capo allo stesso Rup, bensì gli attribuisce uno specifico potere, da esercitare come sempre in termini funzionalizzati da parte dell’amministrazione, in specie rispetto alla verifica di anomalia col significato che alla stessa è proprio: per questo, la previsione vuol semplicemente chiarire che tale possibilità interlocutoria (e istruttoria) non è preclusa – e anzi ben spetta – alla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, n. 690 del 2019, cit., che fornisce espressa risposta negativa al quesito “se […] il procedimento di verifica dell’anomalia debba necessariamente risolversi nell’unica fase menzionata nella disposizione”), ma rimane fermo il fatto che “laddove la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia” (Cons. Stato, n. 4973 del 2020, cit.) l’esperimento di ulteriori fasi di contraddittorio, come prevista nella specie proprio dall’art. 9.5.5, è necessitato, non potendo l’amministrazione limitarsi a rilevare la (e motivare sulla base della) semplice insufficienza della documentazione (cfr. ancora Cons. Stato, n. 4973 del 2020, cit., che fa riferimento appunto alla “necessità di esperire ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale” nei suddetti casi; cfr. peraltro Cons. Stato, VI, 4 aprile 2022, n. 2442, richiamata anche dall’appellante, che si sofferma specificamente su un distinto profilo, chiarendo come l’amministrazione non possa comunque, in siffatte ipotesi, sopperire direttamente all’assenza parziale di spiegazioni attraverso la conduzione di autonome ricerche di mercato sulla congruità dell’offerta, atteso che le carenze vanno risolte attraverso interlocuzione con l’impresa).

Per converso tale richiesta non occorre quando, di fronte a giustificativi (comunque) “non sufficienti ad escludere l’anomalia”, la stazione appaltante sia in grado di pervenire essa stessa di per sé a una conclusione in termini d’incongruità dell’offerta e conseguente esclusione a mente dell’art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 (cfr. ancora Cons. Stato, n. 4973 del 2020, cit.).

1.1.2. Facendo applicazione dei suesposti principi al caso di specie, le doglianze formulate dall’amministrazione risultano infondate.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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