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Sentenze

Riserva legale in favore dei consulenti del lavoro e degli altri professionisti iscritti ad albi di cui all’art. 1 legge n. 12 del 1979

Nell’accogliere il ricorso il Tar Piemonte ribadisce come l’erogazione degli adempimenti professionali in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale dei lavoratori dipendenti sia riservata espressamente ai professionisti iscritti all’albo dei consulenti del lavoro ex art. 8 legge 12/1979.

Ecco la sintesi di Tar Piemonte, Sez. I, 29/07/2022, n. 702:

9.4. – Si ravvisa, pertanto, una ragionevole e condivisibile ratio nell’ordito ordinamentale laddove impone la riserva legale di esercizio degli adempimenti lavoristici e previdenziali in favore dei consulenti del lavoro e degli altri iscritti agli albi ivi individuati, ammettendo come unica deroga l’estensione della riserva alle società tra professionisti. Tale esegesi trova conforto nella posizione assunta dal Consiglio di Stato e ripresa dalla giurisprudenza di merito per cui “vale osservare che l’articolo 1 – commi primo e quinto – della l. n. 12 del 1979, letto in combinato disposto con l’articolo 10, cit., va inteso nel senso di non consentire la partecipazione di una gara di appalto di servizi avente ad oggetto lo svolgimento di prestazioni per le quali opera la riserva di iscrizione all’albo professionale da parte di società commerciali diverse da quelle costituite ed operanti ai sensi del richiamato articolo 10, pur se le società assicurino che le attività professionali saranno effettivamente espletate…da un professionista legato alle società da un rapporto di lavoro subordinato. Infatti, allo stato dell’ordinamento nazionale (e prescindendo da modelli del tutto peculiari che qui non rilevano come le società tra avvocati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96 o le società di ingegneria di cui all’articolo 90, comma 2, lettera b) del Codice dei contratti pubblici), si ritiene che il modello delle società fra professionisti di cui all’articolo 10 della l. 183 del 2011 costituisca la sola forma ammessa di esercizio in forma societaria delle professioni intellettuali di cui al Libro V – Titolo IV – Capo II del Codice civile (in virtù di questo modello è stato superato il generalizzato divieto di prestazione professionale in forma societaria o simili, già sancito dall’articolo 2 della l. 23 novembre 1939, n. 1815 (Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza)” (Cons. Stato, sez. VI, 16 gennaio 2015, n. 103; TAR Piemonte, Sez. I, 10 giugno 2019 n. 681; TAR Campania, 16 dicembre 2019, n.5967).

9.5. – La giurisprudenza formatasi sul punto ha anche affrontato ex professo i paventabili dubbi di conformità euro-unitaria di tale regime di riserva legale rispetto ai principi di libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento, ma gli esiti sono invariabilmente nel senso della confutazione di tali perplessità, agitate sia pur en passant dalle difese della resistente e della controinteressata. Valga al riguardo richiamare quanto già statuito da questo TAR con la sentenza n. 681/2019, nel solco del magistero pretorio della pronuncia del Consiglio di Stato n. 103 del 2015. A mente di tali precedenti si è opinato che “la disciplina sostanziale delle professioni regolamentate e delle relative modalità di esercizio non costituisce oggetto, allo stato attuale dell’ordinamento europeo, di misure di armonizzazione o di ravvicinamento delle legislazioni (in assenza, peraltro, di una disposizione che, al livello di Trattati istitutivi, ne preveda l’adozione). Al contrario, specifiche misure di ravvicinamento delle legislazioni hanno sinora riguardato la sola materia del riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite in altri Stati membri (si tratta della direttiva 2005/36/CE, recepita nell’ordinamento nazionale con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206). Si osserva, tuttavia, che ai sensi della direttiva “l’esercizio [delle professioni liberali] negli Stati membri può essere oggetto, a norma del trattato, di specifici limiti legali sulla base della legislazione nazionale e sulle disposizioni di legge stabilite autonomamente, nell’ambito di tale contesto, dai rispettivi organismi professionali rappresentativi, salvaguardando e sviluppando la loro professionalità e la qualità del servizio e la riservatezza dei rapporti con i clienti” (ivi, 43° considerando). Il Collegio ritiene che la preclusione nei confronti delle ordinarie società commerciali all’esercizio di attività riservate a professionisti abilitati sia proporzionata e adeguata al fine di preservare l’autonomia e indipendenza di giudizio del professionista e il carattere personale della relativa responsabilità (i quali rappresentano, a loro volta, elementi fondanti per garantire la professionalità e la qualità del servizio reso dal professionista, secondo quanto riconosciuto dallo stesso ordinamento europeo). 6.2.2. Si osserva inoltre che le asserite violazioni del diritto di libertà di stabilimento (articolo 49 del TFUE) e di libera prestazione dei servizi (articolo 56 del TFUE) potrebbero a giusto titolo essere invocate laddove venisse qui in rilievo una vicenda di carattere transfrontaliero (il che non è), ovvero laddove fosse dimostrato che altri ordinamenti nazionali -coeteris paribus – consentono la prestazione di servizi professionali da parte di società commerciali alla sola condizione di avere quale dipendente un professionista abilitato (circostanza – questa – che non è stata allegata)” (Cons. Stato, sez. VI, 16 gennaio 2015, n. 103; più di recente, in termini, Cons. Stato, sez. V, 8 maggio 2018, n. 2748).

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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