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Sentenze

L’associato in partecipazione ad un società tra professionisti non può contribuire ad integrare i requisiti di partecipazione

Nel respingere l’appello il Consiglio di Stato ribadisce il contenuto della Sentenza n. 2381/2018, evidenziando in particolare come “il partner associato (id est: l’associato in partecipazione) ad un società tra professionisti non può contribuire ad integrare i requisiti di partecipazione, di carattere tecnico – professionale ed economico- finanziario, richiesti dal bando di gara alla società stessa che vi partecipa, se non attraverso la stipulazione di un contratto di avvalimento (o mediante l’attivazione delle altre forme di collaborazione previste dal codice dei contratti pubblici”.

La Sentenza merita di essere segnalata in quanto relativa ad un contratto, l’associazione in partecipazione, raramente oggetto di esame da parte della giurisprudenza amministrativa. Per cui sembra opportuno indicarne sinteticamente le caratteristiche.

Come noto il Decreto Legislativo 19 aprile 2017, n. 56 ( il “correttivo”) ha introdotto all’articolo 105 un secondo periodo del comma 20 del seguente tenore, prefigurando l’associazione in partecipazione quale “alternativa” al subappalto:

20. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente articolo è consentita, in deroga all’articolo 48 comma 9, primo periodo, la costituzione dell’associazione in partecipazione quando l’associante non intende eseguire direttamente le prestazioni assunte in appalto.

L’associazione in partecipazione (art.2549 c.c. e seguenti) prevede che, a fronte di un apporto (che può essere di attività lavorativa ma anche di capitale), all’associato sia riconosciuta la partecipazione agli utili.

Era stata vietata dall’art 13 comma 5 (poi 5 bis) della Legge 109/1994, poi dall’art. 37, c. 9, D. Lgs. 163/2006, infine dall’art. 48, c. 9, D. Lgs. 50/2016 per evitare che l’associato (soggetto estraneo all’appaltatore) potesse condizionare l’attività dell’impresa grazie alla previsione dell’art.2552 del Codice Civile secondo cui all’associato possono essere riservate forme di controllo sull’impresa.

Insomma, un contratto da utilizzare “con le molle”, negli appalti pubblici.

Tanto è vero che in gara continua a non essere ammessa dall’articolo 48 comma 9 del Codice (è vietata l’associazione in partecipazione sia durante la procedura di gara sia successivamente all’aggiudicazione) ed in forza di tale divieto essa non offre al concorrente alcuna possibilità di integrare la propria qualificazione con quelle di un altro operatore come invece accade con il “subappalto necessario” o “qualificante”.

La sentenza odierna, dunque, conferma questo limite ad integrare i requisiti di qualificazione e, sebbene riferita a servizi di architettura e ingegneria, si ritiene che quanto stabilito dal Consiglio di Stato possa tranquillamente valere anche per gli appalti di lavori, forniture, servizi.

Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 06/09/2022, n. 7754:

4.3. Occorre innanzitutto sottolineare che la lex specialis prevedeva come lo stato di socio assumesse tratti dirimenti sia in ordine alla qualificazione dell’operatore economico concorrente (art. 6 del disciplinare), sia relativamente alla valutazione dell’offerta tecnica formulata dai singoli partecipanti alla gara (art. 17 del disciplinare): tanto è rimarcato nella citata pronuncia del Consiglio di Stato n. 2381/2018 ove, nel trattare la questione posta dal motivo appello, vale a dire “l’incidenza del ruolo rivestito dall’Ing. ……… nell’ammissione dell’aggiudicataria alla procedura, nonché nella valutazione dell’offerta tecnica della ………….” e se dunque quest’ultima potesse dichiarare il possesso dei requisiti di partecipazione richiesti dal bando confidando nel “curriculum” del predetto ingegnere, ovvero di un associato e non di un socio, ha evidenziato che “il partner associato in partecipazione resta estraneo alla compagine societaria e contribuisce solo al singolo affare (tant’è che in dipendenza degli esiti di questo partecipa agli utili)”; per poi concludere, su queste basi, che “il partner associato (id est: l’associato in partecipazione) ad un società tra professionisti non può contribuire ad integrare i requisiti di partecipazione, di carattere tecnico – professionale ed economico- finanziario, richiesti dal bando di gara alla società stessa che vi partecipa, se non attraverso la stipulazione di un contratto di avvalimento (o mediante l’attivazione delle altre forme di collaborazione previste dal codice dei contratti pubblici”, statuendo che quindi nella vicenda in esame “la sussistenza dei requisiti di ammissione alla procedura dello ……… va verificata senza tener conto dell’apporto proveniente dall’associato ing. ………. e, allo stesso modo, la valutazione dell’offerta tecnica da parte della Commissione va fatta senza tener conto della pregressa esperienza professionale del suddetto associato”.

4.3. Acclarato che la qualifica di socio assumeva nel caso di specie valore dirimente sia in relazione alla qualificazione del raggruppamento, che in relazione alla valutazione dell’offerta tecnica (come infatti evidenziato nella richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. 2381/2018 laddove afferma che la circostanza che il legislatore ha “così inteso affidare ai soli soci professionisti (con esclusione, dunque, delle altre figure professionali che eventualmente collaborano con la società) l’esecuzione dell’incarico acquisito dalla società” induce a ritenere che “in una procedura per l’aggiudicazione di un contratto d’appalto, l’amministrazione, nel valutare le capacità tecniche della società tra professionisti così come esposte nell’offerta presentata, deve far conto solamente sul bagaglio professionale dei soci, poiché questi sono gli unici che saranno chiamati all’espletamento dell’incarico professionale” e che sarebbe “del tutto illogico, prima ancora che in contrasto con il dato normativo, ritenere che la Commissione aggiudicatrice possa attribuire il punteggio all’offerta della società tra professionisti sulla base dell’esperienza professionale di un soggetto, il partner associato che, per espressa indicazione normativa, non può partecipare all’esecuzione dell’incarico professionale, ovvero nel caso di specie alla redazione del PUG del Comune appaltante”), il Collegio qui rileva come sono corrette e non meritano le critiche appuntate le motivazioni della sentenza appellata in ordine alla sussistenza nella fattispecie della contestata patologia dichiarativa.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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