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Sentenze

Nello scegliere l’affidamento “in house” occorre dare conto anche delle ragioni che hanno condotto a preferirlo rispetto al ricorso al mercato

Il Tar Lombardia  respinge il ricorso di operatore del settore avverso l’affidamento in “house providing” del servizio di igiene urbana a società per azioni pubblica.

Dopo essersi soffermato sul requisito del controllo analogo congiunto e sull’attività prevalente, il Tar ribadisce come, nello scegliere la forma internalizzata di gestione del servizio, debba darsi conto, oltre che della sussistenza dei presupposti normativi per l’affidamento in house, anche delle ragioni che hanno condotto a preferire siffatta determinazione rispetto al ricorso al mercato.

Così si esprime Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 03.11.2022, n. 2437:

4. Il terzo motivo di impugnazione denuncia la violazione, da parte del Comune di …….., dell’art. 192 D. Lgs. 50/2016, per non aver adeguatamente motivato la scelta dell’internalizzazione e la relativa preferenza rispetto all’accesso al mercato.

4.1. Sul punto, occorre premettere che, nell’ordinamento comunitario (art. 12 commi 1 e 3 della Direttiva n. 2014/24), la scelta della gestione del servizio in house non è considerata come un’opzione di carattere eccezionale, ma costituisce un modus operandi ordinario per l’Amministrazione, e il ricorso a tale modalità di gestione del servizio è retto dal principio generale della libertà di scelta. Nell’ordinamento italiano, tuttavia, detto principio viene temperato (art. 192 comma 2 D. Lgs. 50/2016) dall’introduzione di un onere motivazionale aggravato, col quale si impone all’Amministrazione di evidenziare le ragioni che hanno reso impossibile il ricorso al mercato (quanto ai profili di universalità, socialità, efficienza, economicità e qualità del servizio), e i benefici per la collettività derivanti dalla determinazione della P.A. Detto aggravamento imposto dal legislatore domestico è stato ritenuto legittimo e compatibile con l’ordinamento comunitario e con l’impianto costituzionale (rispettivamente: Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. IX, 6 febbraio 2020 n. 89; Corte Costituzionale, 27 maggio 2020 n. 100).

Dunque il legislatore italiano, quanto alla motivazione che sorregge la decisione, ampiamente discrezionale, che abbia condotto la P.A. all’affidamento in house, ha stabilito all’art. 192 comma 2 D. Lgs. 50/2016, che: «Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche». Nel contempo, l’art. 34 comma 20 D.L. 179/2012, convertito con L. 221/2012, prevede che: «Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste».

Le disposizioni sopra riportate impongono dunque alla P.A., nello scegliere la forma internalizzata di gestione del servizio, di dare conto, oltre che della sussistenza dei presupposti normativi per l’affidamento in house, anche delle ragioni che l’hanno condotta a preferire siffatta determinazione rispetto al ricorso al mercato (in termini che non impongono l’espletamento di specifiche indagini comparative tra diverse soluzioni di mercato, ma che non possono prescindere da un confronto tra la soluzione fornita dal modello in house e quella diversamente reperibile tra gli operatori privati del settore), e dei vantaggi che dalla stessa derivano alla collettività. Come precisato dalla giurisprudenza, l’onere esplicativo che in tal modo si impone all’ente pubblico non deve essere inteso quale necessità di dare conto separatamente e in modo atomistico di ciascuna delle voci menzionate dal legislatore, dovendo invece l’Amministrazione porre in essere una valutazione che ben può articolarsi in termini unitari e complessivi: «[…] il giudice di primo grado, lungi dall’obliterare l’esigenza che l’Amministrazione motivi (anche) in ordine alle ragioni del mancato ricorso al mercato ai fini dell’affidamento in house del servizio, ha affermato che, da un lato, la corretta applicazione della citata disposizione non richieda “un confronto concorrenziale preliminare tra i due modelli di gestione del servizio”, dall’altro lato, che la motivazione sottesa all’opzione internalizzante può assumere carattere “unitario”, siccome idonea a dare conto, ad un tempo, delle ragioni del mancato ricorso al mercato e dei benefici per la collettività attesi dal modello in house. […] Deve peraltro osservarsi che la motivazione “unitaria” della scelta di ricorrere all’affidamento in house non stride con il carattere “preferenziale” del canale concorrenziale di acquisizione del servizio (quale trova paradigmatica espressione nello svolgimento di una gara), posto in risalto dalla pronuncia citata, costituendo i “benefici per la collettività” attesi dall’organizzazione in house dello stesso e le “ragioni del mancato ricorso al mercato” le due facce di una medesima realtà, di cui colgono, rispettivamente, gli elementi “positivi” (inclinanti la valutazione dell’Amministrazione verso l’opzione gestionale di tipo inter-organico) e quelli “negativi” (sub specie di indisponibilità di quei “benefici” attraverso il ricorso al mercato). […] Occorre solo aggiungere che l’obbligo motivazionale facente carico all’Amministrazione, come innanzi delineato, si riverbera, sul piano istruttorio, nella attribuzione alla stessa della scelta, anch’essa eminentemente discrezionale, in ordine alle modalità più appropriate – salva la verifica del giudice amministrativo circa la loro idoneità a fornire un quadro attendibile ed esaustivo della realtà fattuale rilevante nei sensi illustrati – a cogliere, in relazione alla concreta fattispecie, i dati necessari al fine di compiere, in maniera oggettiva quanto completa, la suddetta valutazione di “preferenza”: metodo che impone coerentemente all’Amministrazione di prendere in considerazione sia la soluzione organizzativa e gestionale praticabile attraverso il soggetto in house (al fine, appunto, di enucleare i “benefici per la collettività” da essa attesi), sia la capacità del mercato di offrirne una equivalente, se non maggiormente apprezzabile, sotto i profili della “universalità e socialità, efficienza, economicità, qualità del servizio e ottimale impiego delle risorse pubbliche”» (Consiglio di Stato, III, 12 marzo 2021 n. 2102).

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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