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Sentenze

Se il Consorzio stabile può eseguire l’appalto in proprio, non può essere escluso per avere indicato una consorziata esecutrice priva dei requisiti di partecipazione

Sul “cumulo alla rinfusa” ancora una sentenza, che “allenta” precedenti orientamenti volti ad affermare da una parte la sua abolizione, dall’altra la necessità che le imprese consorziate indicate come esecutrici posseggano i requisiti per l’esecuzione delle prestazioni.

In primo grado il ricorso era stato respinto in quanto “il Consorzio non poteva sostituire i propri requisiti a quelli della consorziata indicata come esecutrice, stante l’avvenuta abolizione del cumulo alla rinfusa ad opere del Decreto Sbloccantieri, ostando “a tale argomento l’art. 47, co. 2, del D. Lgs. n. 50/2016 come modificato dal D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55 (c.d. Decreto Sblocca cantieri) e dunque applicabile al momento della gara per cui è causa, il quale dispone che “i consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto”, stabilendo altresì che “la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati”. (47, co. 2 –bis, D. Lgs. n. 50/2016)”.

Consiglio di Stato, Sez. V, 28/03/2023 n. 3148 accoglie l’appello, stabilendo che, in forza del vincolo di solidarietà tra Consorzio e consorziata, la prestazione può ricadere in toto sul consorzio stabile, ove l’impresa esecutrice sia priva dei prescritti requisiti, senza che detta esecuzione in proprio possa considerarsi elusiva del disposto dell’art. 48 comma 19 bis del Codice:

13.3. La sentenza appellata è pertanto viziata laddove ha ritenuto che il Consorzio non potesse eseguire l’appalto in proprio, per avere indicato una singola impresa consorziata come esecutrice in sede di gara – priva dei prescritti requisiti di partecipazione – sulla base del rilievo dell’avvenuta abolizione del cumulo alla rinfusa.

13.3.1. Infatti in vigenza dell’art. 36 del d.lgs. 163/2006, è stato delineato il criterio del c.d. cumulo alla rinfusa, per descrivere la possibilità per il consorzio stabile di fruire, alternativamente o in aggiunta ai requisiti propri, dei requisiti delle consorziate. Ciò, alla luce della ratio stessa del consorzio stabile, “volta a dare maggiori possibilità di sviluppo alle imprese sprovviste di sufficienti requisiti per accedere a determinate gare (…) attraverso l’accrescimento delle facoltà operative, ottenibile non imponendo al consorzio di avere i requisiti in proprio (…) né prescrivendo quote minime in capo alle consorziate (…) anche perché, altrimenti, si riprodurrebbe inutilmente il modulo organizzativo delle a.t.i., già, peraltro, replicato con l’aggregazione cui dà luogo il consorzio ordinario” (cfr. Cons. Stato, VI, n. 2563/2013; Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6433/2019).

Detto principio pertanto, come evidenziato da parte appellante, alcun rilievo assume rispetto alla fattispecie di cui è causa, in cui il Consorzio appellante possedeva in proprio i richiesti requisiti di qualificazione, senza necessità di ricorrere al cumulo dei requisiti delle imprese consorziate.

L’art. 47, comma 1 del Codice (non interessato dalle recenti modifiche normative) prevede infatti che, per i soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c) – e, dunque, anche per i “consorzi stabili” – “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento” debbano essere, come d’ordinario, “posseduti” dagli stessi e, all’uopo, “comprovati”, fatta eccezione per quelli relativi “alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali – “ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate” – sono suscettibili di computo cumulativo.

Per quanto esposto, la circostanza che la consorziata esecutrice non possegga la certificazione non poteva incidere sulla possibilità del Consorzio, rappresentata in sede di verifica dei requisiti, di eseguire in proprio la commessa.

13.4. Peraltro che la previsione di cui al punto III.1.3 del bando di gara che onera i consorziati per i quali il consorzio stabile concorre alla gara del possesso dei requisiti di partecipazione, non potesse escludere la possibilità del consorzio di eseguire in proprio la commessa, si evince anche dal punto VII.3 del Disciplinare di Gara che, nel regolamentare la fase di aggiudicazione, prescrive, ai punti sub 5, 6 e 7 (pagg. 22 e 23 disciplinare) che le 17 certificazioni di qualità da comprovarsi, ivi comprese quelle prescritte come requisiti di partecipazione, dovevano essere quelle dell’aggiudicatario (ovvero il…..).

13.4.1. Fermo restando l’ineliminabile contrasto tra i due disposti della lex specialis, pertanto, la prescrizione del bando di gara, quandanche prevalente su quella del disciplinare, non poteva in ogni caso essere interpretata nel senso ritenuto da …….., ovvero nel senso di escludere la possibilità di esecuzione dell’appalto da parte del Consorzio in proprio.

13.4.2. Tali conclusioni sono avvalorate dalla necessità del rispetto dei due principi, di massima partecipazione alle gare e di tassatività delle clausole di esclusione.

Il primo impone che venga privilegiata l’interpretazione che soddisfi l’esigenza della massima partecipazione alla procedura di gara, qualora questa sia compatibile, come nel caso di specie, con quella di selezionare un imprenditore qualificato, da identificarsi, nella presente fattispecie, nel consorzio stabile nel suo complesso.

La giurisprudenza amministrativa ha infatti chiaramente affermato che in caso di clausole o disposizioni normative di dubbia e/o incerta interpretazione deve essere privilegiato il principio del favor partecipationis al fine di consentire la più ampia partecipazione alle procedure di gara (Cons. St., Sez. V, 15.01.2018, n. 187).

Tale principio si pone in continuità con la giurisprudenza del Consiglio di Stato a mente del quale “l’interpretazione delle clausole della lex specialis di gara che presentino margini di opinabilità deve essere improntata al principio eurounitario della massima partecipazione. È stato condivisibilmente osservato al riguardo che a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis di gara (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più elevato numero di concorrenti, in nome del principio del favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale” (ex multis, cfr. Cons. St., Sez. V, 5.10.2017, n. 4644; Cons. St., Sez. V, 5.07.2017, n. 3302).

Il secondo principio impone di non escludere il concorrente in base a una disposizione di non univoca interpretazione.

Nelle gare pubbliche, a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e una tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all’opzione che comporti l’esclusione dalla gara in contrasto con le dinamiche competitive e pro-concorrenziali; ed infatti una siffatta lettura della problematica figura delle cc.dd. “clausole ambigue” si porrebbe evidentemente in contrasto con il principio della tassatività delle cause di esclusione, determinando ex art. 83 comma 8 d.lgs. 50/2016, la sanzione della nullità a carico della clausola in parola, laddove la stessa, come nel caso di specie, si ponga in contrasto con la corretta interpretazione dell’art. 47 del Codice dei contratti, secondo quanto in precedenza indicato (cfr al riguardo Adunanza Plenaria n. 22 del 2020 secondo la quale “la nullità della clausola ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d. lgs. n. 50 del 2016 configura un’ipotesi di nullità parziale limitata alla clausola, da considerare non apposta, che non si estende all’intero provvedimento, il quale conserva natura autoritativa”).

14. Nonostante il carattere assorbente delle indicate doglianze, per esigenze di completezza si evidenzia che parimenti da accogliere è il secondo motivo di appello, fondato sull’omessa pronuncia ad opera del giudice di prime curedella doglianza del difetto di motivazione del provvedimento di ritiro dell’aggiudicazione; ciò in considerazione del rilievo che il Consorzio aveva espressamente richiesto in sede di verifica del possesso dei requisiti di potere eseguire l’appalto in proprio o per il tramite di altre consorziate e che l’atto gravato nulla ha motivato in ordine alla richiesta di esecuzione in proprio, disattendendo expressis verbissolo quella di sostituzione dell’impresa indicata come esecutrice con altra impresa consorziata.

14.1. La doglianza formulata al riguardo in prime cure non poteva invero ritenersi assorbita dalle motivazioni di rigetto del ricorso, fondate sul mero richiamo alla previsione della lex specialis di gara e sulla impossibilità di esecuzione in proprio, stante l’abolizione del cumulo alla rinfusa, in considerazione del rilievo che la motivazione del provvedimento gravato tanto più si imponeva avendo la stazione appaltante agito in autotutela (in questo senso la richiamata sentenza C.G.A.R.S. n. 49 del 2021).

15. L’appello va pertanto accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata va accolto il ricorso di prime cure.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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