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Sentenze

Sulla base del canone di ragionevolezza la stazione appaltante può sempre esperire una verifica avente ad oggetto la complessiva congruità dell’offerta

Il Tar Lombardia, mettendo anche in relazione l’articolo 97 del D.Lgs 50/2016 con l’articolo 110 del D.Lgs 36/2023, ribadisce come sulla base del canone di ragionevolezza, prima di procedere all’aggiudicazione definitiva, la stazione appaltante può sempre esperire una verifica avente ad oggetto la complessiva congruità dell’offerta.

Il caso riguardava una indicazione sui costi della manodopera, che l’aggiudicataria aveva ridotto  di oltre un terzo rispetto a quanto ipotizzato dalla stazione appaltante.

Questo quanto stabilito da Tar Lombardia, Milano, Sez. I, 11/10/2023, n. 2270:

III.1.1) Nelle censure di cui ai punti 1.8 e 1.9, la ricorrente sostiene che, pur non vertendosi in un’ipotesi di verifica obbligatoria dell’anomalia dell’offerta, in ragione delle particolari circostanze del caso di specie, la stazione appaltante avrebbe comunque dovuto avviare un sub-procedimento in contraddittorio con il raggruppamento aggiudicatario, in applicazione di quanto previsto nell’ultimo periodo del comma 6 dell’art. 97 del Codice, e nel comma 3 dello stesso articolo, secondo cui, “la stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.

III.1.2) Sul punto, il Collegio dà atto che, nella lex specialis, ex art. 23 c. 16 D.Lgs. n. 50/2016, la stazione appaltante ha stimato i costi della manodopera in euro € 6.921.120,00, mentre il raggruppamento aggiudicatario, ha previsto euro 4.584.000,00, e pertanto, una riduzione di oltre un terzo rispetto a quanto ipotizzato.

Alla luce di quanto precede, ritiene il Collegio che, sulla base del canone di ragionevolezza, prima di procedere all’aggiudicazione definitiva, la stazione appaltante avrebbe dovuto esperire una verifica avente ad oggetto la complessiva congruità dell’offerta, o quantomeno, fornire una motivazione espressa in ordine alla sua superfluità, malgrado la predetta discrasia tra il costo della mano d’opera indicato dall’aggiudicataria, rispetto a quello dalla stessa quantificato ex ante.

III.1.3) Per giurisprudenza pacifica, ai sensi dell’art. 97, c. 6 cit., la determinazione dell’amministrazione di procedere alla verifica di anomalia dell’offerta nei casi in cui ciò non sia espressamente previsto dalla norma, è del tutto facoltativa, e di natura spiccatamente discrezionale, non soggetta alla sindacabilità del giudice amministrativo, tuttavia, ad eccezione dei casi in cui la stessa sia manifestamente illogica e irragionevole (C.S., Sez. III, 11.5.2021 n. 3710 T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 2.2.2022, n. 1233), come ha luogo nel caso di specie.

Il mancato esercizio della verifica facoltativa di cui all’art. 97 c. 6 cit., non preclude infatti in assoluto alla concorrente che si assuma lesa dall’aggiudicazione, di far valere in giudizio l’anomalia dell’offerta della propria concorrente, al fine di ottenere il riesame dell’offerta da parte della stazione appaltante (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 13.8.18 n. 8977).

In particolare, in una fattispecie pressoché identica a quella per cui è causa, il Tribunale ha ritenuto che la rilevante discrasia tra i costi della manodopera indicati dalla aggiudicataria, e quelli evidenziati dalla ricorrente, oltreché di quelli ipotizzati nel progetto posto a base di gara, avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante, prima di procedere alla aggiudicazione definitiva, ad aprire un sub-procedimento in contraddittorio con l’aggiudicatario, ex art. 97, c. 5, primo periodo, al fine di accertare l’effettiva congruità della sua offerta (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 13.5.2019 n. 1067, a fronte di un’offerta in cui l’incidenza del costo della manodopera era pari al 23,28% dell’importo, mentre il progetto posto a base di gara e le offerte degli altri concorrenti erano attorno al 37%).

III.1.4) Ulteriormente, osserva il Collegio che le censure descritte nel precedente punto II.1.1 della presente sentenza, in ragione della loro puntualità, sono in astratto idonee a supportare la necessità di avviare un sub procedimento di verifica dell’anomalia, come anche desumibile da T.A.R. Milano, Lombardia, Sez. IV, 4.1.2021 n. 4, che ha ritenuto non doversi esperire tale verifica, poiché in quel caso, diversamente da quello per cui è causa, la ricorrente non aveva allegato elementi concreti da cui poter desumere che l’offerta dell’aggiudicataria fosse insostenibile.

Anche la disciplina dettata nell’art. 110 del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il D.Lgs. n. 36/23, conferma la necessità di esperire la verifica di anomalia dell’offerta nei casi in cui vi siano dubbi sulla sua congruità, come espressamente indicato nella Relazione, in cui si evidenzia di aver operato la scelta “di rimettere alla discrezionalità della stazione appaltante (alla luce dei risultati di gara, del mercato di riferimento e di ogni altro elemento che possa essere ritenuto utile) l’individuazione delle offerte che prima facie appaiono anomale e che quindi andranno sottoposte a verifica, con un conclusivo epilogo dotato di motivazione adeguata (eliminando dunque le soglie fissate ex lege). La scelta appare coerente con la ratio di restituire alle stazioni appaltanti la propria discrezionalità amministrativa e tecnica, conferendo pertanto alla stessa il potere e il dovere di compiere le scelte amministrative di loro pertinenza, in coerenza con i principi del risultato di cui all’art. 1, della fiducia di cui all’art. 2 e di buona fede e affidamento di cui all’art. 5”.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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