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Sentenze

Consorzio stabile: anche per i lavori della categoria OG11, se destinati a un bene culturale, l’impresa indicata come esecutrice deve possedere in proprio l’occorrente qualificazione

La ricorrente (esclusa dalla gara), ha dichiarato che le opere di cui alla categoria prevalente OG2 sarebbero state assunte in via esclusiva dalla capogruppo mandataria, mentre le opere di cui alla categoria secondaria OG11 sarebbero state assunte congiuntamente a consorzio stabile con indicazione di una consorziata, munita di qualificazione per la categoria OG11, ma soltanto con classifica I rispetto alla classifica IV richiesta.

Nel ricorso sostiene che il consorzio stabile possiede in proprio la qualificazione prescritta dalla legge di gara (categoria OG11, classifica IV). Pertanto, è sufficiente la titolarità del requisito in capo al consorzio, ancorché carente nella consorziata indicata per l’esecuzione delle opere (titolare della sola classifica I). Ciò in quanto, per il suo contenuto intrinseco, la categoria OG11 -avente per oggetto gli impianti tecnologici- sfuggirebbe alle norme sui requisiti di qualificazione negli appalti per i beni culturali, che si attaglierebbero alle sole categorie OG2, OS 2-A, OS 2-B, OS24 e OS25. Di qui l’illegittimità del provvedimento espulsivo.

Tar Piemonte, Sez. II, 29/11/2023, n.  965 respinge il motivo di ricorso:

Il mezzo è infondato.

Giova premettere che la circostanza che la società consortile xxxx sia dotata in proprio della qualificazione prescritta dal disciplinare pone la fattispecie fuori dal perimetro del c.d. cumulo alla rinfusa, che, propriamente inteso, consente al consorzio stabile, privo dei requisiti, di qualificarsi per il tramite delle proprie consorziate, sommandone le relative qualificazioni, e il cui utilizzo generalizzato rinviene oggi un’esplicita enunciazione nella norma d’interpretazione autentica recata dall’art. 225 D.Lgs. 36/2023.

La vicenda all’esame concerne, piuttosto, la possibilità per la consorziata, designata per eseguire i lavori, di utilizzare la qualificazione maggiore del consorzio stabile.

Tale ipotesi, normalmente consentita nelle altre procedure evidenziali, è, tuttavia, inibita (al pari, peraltro, del cumulo alla rinfusa) negli affidamenti nel settore dei beni culturali dal regime speciale dettato dall’art. 146 D.Lgs. 50/2016 in forza del quale un operatore economico, che abbia eseguito lavori su un bene culturale può “spendere”, ai fini della qualificazione, il relativo requisito esclusivamente in proprio senza possibilità di prestarlo, nemmeno nell’ambito dei consorzi stabili, agli associati.

La specialità della disciplina discende dalle esigenze che circondano i beni culturali, il cui ruolo di testimonianza dei valori di civiltà esprime un interesse assiologicamente superiore, sì da richiedersi il possesso di requisiti di qualificazione adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto d’intervento (cfr. T.A.R. Emilia Romagna – Parma, sez. I, 24/06/2023, n. 203 cit. che richiama Cons. Stato, Sez. V, 16/01/2019 n. 403).

La necessità di qualifica in proprio dell’impresa consorziata si estende anche alla classe di importo dei lavori in ossequio al condiviso indirizzo secondo cui: “La specifica qualificazione richiesta da un bando di gara per l’esecuzione di lavori nel settore dei beni culturali, potendo essere utilizzata soltanto dal soggetto che quei lavori abbia eseguito e che sia in possesso dei requisiti corrispondenti, comporta che, nel caso di partecipazione di un consorzio stabile a una procedura di gara, a prescindere dalla qualificazione del consorzio e/o di altre consorziate, la qualificazione richiesta debba essere comunque posseduta da ciascuna delle imprese designate per l’esecuzione del contratto. Tale regola è da intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica, di modo che, quando un’impresa consorziata sia qualificata per eseguire lavori sino ad un importo massimo (incrementato di un quinto ex art. 61 del d.P.R. n. 207 del 2010), non può, nel settore dei beni culturali, eseguire lavori eccedenti tale importo, anche se facente parte di un consorzio stabile” (Cons. Stato, Sez. V, 07/03/2022, n. 1615).

Pertanto, sebbene titolare di qualificazione per la categoria OG11, la consorziata yyyy è, tuttavia, priva del requisito prescritto dalla legge di gara (classifica I anziché IV) né, alla luce del superiore quadro normativo e giurisprudenziale, questo può esserle prestato dal consorzio stabile xxxx.

Tanto osservato, l’interpretazione restrittiva dell’art. 146 D.Lgs. 50/2016 proposta dalle ricorrenti, volta a circoscriverne il campo applicativo solo a talune categorie di lavori, con esclusione delle altre, non può essere condivisa.

Benché, infatti, quale norma eccezionale, esso sia soggetto a stretta interpretazione, nondimeno il dato testuale dell’articolo (“I lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti”) non avalla la prospettata distinzione tipologica per categoria di lavoro (cfr. T.A.R. Campania sez. I – Salerno, 27/03/2023, n. 692), ponendo piuttosto l’accento sulla natura del bene, quale “contenitore” storico, artistico o architettonico, nel quale le diverse opere devono armonicamente inserirsi.

Non pertinente, sul piano sistematico, pare, poi, il richiamo all’art. 248 DPR 207/2010, giacché sostituito dal DM 22 agosto 2017 n. 154 (a sua volta, oggi superato dal D.Lgs. 36/2023 e dai relativi allegati), il cui art. 4 comma 1 rimanda espressamente all’art. 146 co. 2 e 3 D.Lgs. 50/2016 e conferma che i requisiti di qualificazione devono riferirsi ai “soggetti esecutori dei lavori”.

In ultimo, la valorizzazione del solo contenuto sostanziale delle opere, a scapito del contesto nel quale devono esplicarsi, non concorda con il criterio di ragionevolezza. Per un verso la tesi poggia su una visione parcellizzata dell’oggetto dell’affidamento che non considera le inevitabili interferenze funzionali tra le rispettive opere OG2 e OG11, le quali, per quanto scorporabili, sono comunque destinate a calarsi nel medesimo ambito. Per altro verso, l’assunto ricorsuale non tiene conto del fatto che i lavori della categoria OG11, nella misura in cui comportano l’innesto in un tessuto storico-architettonico di elementi moderni, quali gli impianti tecnologici, pongono una specifica esigenza di conciliazione con i fattori estetici e valoriali del bene culturale, assente nei beni non sottoposti a tutela, il cui soddisfacimento richiede che l’autore dell’intervento disponga di adeguati requisiti, non solo d’idoneità tecnica, ma anche di organizzazione aziendale ed economica. Di conseguenza, benché appartenenti a categoria tipologicamente diversa da quelle indicate da parte ricorrente, la necessità di una loro corretta contestualizzazione richiede che anche per i lavori della categoria OG11, ove destinati a un bene culturale, l’impresa indicata come esecutrice possegga in proprio l’occorrente qualificazione.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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