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Sentenze

Scorporo della manodopera: anche questo TAR promuove il bando tipo ANAC

Sul disastro normativo dell’art. 41 c. 14 del Codice, nella parte in cui prevede lo scorporo dei costi per la manodopera da non assoggettarsi a ribasso, avevo già avuto modo di parlare in questo scritto al quale rinvio integralmente.

La prima pronuncia resa specificatamente sul tema è già stata analizzato qui: I costi della manodopera sono pienamente ribassabili

La seconda, più nebulosa, è stata analizzato qui: i costi per la manodopera non sono soggetti a ribasso.

L’odierna T.A.R. Toscana, IV, 29 gennaio 2024, n. 120 aderisce all’orientamento avviato con la prima delle pronunce richiamate, e confuta alcune delle argomentazioni che avevo sostenuto nel precedente scritto poc’anzi richiamato.

Giova però premettere che la ricorrente nella specie sosteneva la tesi dell’inderogabilità assoluta dei costi della manodopera individuati dalla stazione appaltante, tesi ripudiata dallo scrivente, che viceversa sostiene una ribassabilità “indiretta” di detti costi.

Il caso di specie, dipoi, rientrava a pieno titolo nello scenario archetipico del “sofisma” stigmatizzato in coda all’articolo, ovvero non rientrava “nei limitati casi in cui il ribasso possa astrattamente essere superiore al 100% dell’importo ribassabile“, trattandosi di appalto di ristorazione ove la manodopera s’attesta di norma al di sotto del 50% del valore dell’appalto, fattispecie che rendono la questione dello scorporo del tutto neutrale e difficilmente stigmatizzabile in giudizio.

Sotto questo profilo è quindi comunque corretta la conclusione del T.A.R., tenuto conto che la “valutazione di congruità con riferimento ai costi della manodopera non sono stati oggetto di specifiche contestazioni da parte della ricorrente, la quale si è limitata ad opporre, in linea di principio, il divieto di ribasso dei costi della manodopera“.

Meno corretta, in disparte all’assenza di indispensabilità ai fini del decidere, mi pare l’argomentazione rispetto alla semplicistica reiezione dei profili di illegittimità costituzionale per eccesso o difetto di delega che avvincerebbe la norma ove si volesse seguire l’interpretazione “sistematica”, che lo scrivente aveva anzitempo avuto modo di ipotizzare.

Neppure può ravvisarsi il vizio di eccesso di delega paventato dalla ricorrente, in quanto l’art. 1 comma 2 lett. t) della Legge delega (n. 78 del 2022) dispone che le stazioni appaltanti devono prevedere “in ogni caso, che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”, ma – nell’imporre alle stazioni appaltanti l’obbligatorietà dello scorporo, cioè la necessità di separata quantificazione e indicazione degli stessi – non ne fa discendere anche l’assoluta intoccabilità dei costi della manodopera come fissati dalle stazioni appaltanti, dovendo invece intendersi che la finalità della norma della legge delega sia quella di obbligare le stazioni appaltanti ad evidenziare separatamente il costo della manodopera, per garantirne una tutela rafforzata, ed in ultima analisi di salvaguardare il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 della Costituzione“.

Il Collegio sembra aver preso a piene mani dall’articolo scritto da L. Oliveri, con cui sul punto ho personalmente avuto modo di amabilmente “battibeccare”, e posso quindi riprendere le parole già spese in quella sede.

La nozione metagiuridica di scorporo non convince.

In disparte alla lontananza semantica (si veda qualsivoglia dizionario linguistico o etimologico per la definizione di scorporo, termine coniato in opposizione a “incorporare”), l’”individuazione” della manodopera è già contenuta nel primo periodo del c. 14. Il secondo periodo parla invece di “scorporo”, in stretta aderenza alla delega, nozione (e periodo) che sarebbe del tutto inutile se fosse interpretata come sinonimo di “individuazione”. Il principio di delega non può però essere relegato all’inutilità. Il secondo periodo parla poi di scorporo tanto per la sicurezza quanto per la manodopera: perché solo la sicurezza non è ribassabile? Se si confrontano il vecchio art. 23, ultimi due periodi del comma 23, ed il nuovo art. 41, c. 14, lasciando per un attimo da parte il trucco magico dell’ultimo periodo inserito dal legislatore delegato (i.e. la celeberrima efficiente organizzazione aziendale), la portata innovativa del secondo appare manifestamente evidente. Detta portata innovativa è del tutto frustrata seguendo l’interpretazione sistematica.

Il T.A.R. toscano non risponde a queste domande e risolve sbrigativamente la questione con un’indebita assimilazione sinonimica dei ben diversi concetti di “scorporo” e “individuazione”, inidonea a refutare la censura mossa dal ricorrente. Secondo la legge delega è infatti necessario che

“i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”

Non si comprende davvero come si possa seriamente sostenere che il concetto di scorporo sia traducibile nel concetto di individuazione, interpretazione dalla quale si dovrebbe desumere la liberalizzazione del ribasso anche sui costi per la sicurezza, espressamente inibita anche dalla norma speciale sulla sicurezza (i.e. d.lgs. 81/2008), e da decenni esclusa dalla prassi.

Peraltro, in termini generali, le argomentazioni del T.A.R. si fondano su una inconferente pronuncia del Consiglio di Stato (cfr. il precedente scritto), e sui superficiali pareri dell’Anac e del MIT, istituzioni che hanno oggi un davvero disperato bisogno di recuperare la propria credibilità ed autorevolezza.

Ma bando alle inutili ciance già espresse nel precedente scritto: seguire la prima giurisprudenza e l’ANAC è certamente la via da seguire oggi.

Speriamo comunque in un appello, così da avere una ragionevole aspettativa che la partita interpretativa possa definitivamente ritenersi chiusa.

Continua l’imbarazzante walzer dei ribassabili costi non assoggettati a ribasso…

A cura di Elvis Cavalleri- Giurisprudenza e Appalti
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