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Sentenze

Il termine per la stipula del contratto è ordinatorio, ma non può essere rimesso “ad libitum” alla stazione appaltante

Nel respingere l’appello il Consiglio di Stato ricorda come il termine per la stipula del contratto sia ordinatorio, la consegna anticipata ed urgente dei lavori, nelle more della stipula del contratto, debba comunque intendersi sotto la riserva di legge della successiva stipula, che non può che avvenire in tempi celeri, una volta concluse le verifiche ad opera della stazione appaltante ed acquistata l’efficacia del contratto, non potendo i tempi di detta stipula essere ad libitum rimessi alla volontà della stazione appaltante.

Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 22/02/2024 n. 1774:

12. Destituita di fondamento è infatti la critica mossa da parte appellante alla sentenza di prime cureper non avere debitamente tenuto conto della circostanza che il termine per la stipula del contratto previsto dall’art. 32 comma 8 d.l.gs. 50 del 2016 sia meramente ordinatorio.

12.1. Ed invero, sebbene il termine per la stipula del contratto sia ordinatorio, non può essere rimesso ad libitum alla stazione appaltante in quanto, ove l’amministrazione procedente potesse costringere in ogni tempo l’operatore a concludere il contratto d’appalto, la relativa disposizione di legge risulterebbe completamente svuotata della funzione che le è propria; vale a dire quella di tutelare «l’aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 luglio 2022, n. 5991, § 28.5, nonché Cons. Stato, sez. IV, 29 ottobre 2020, n. 6620).

Infatti una volta che sia decorso il termine di centottanta giorni di validità dell’offerta, anche a volerlo considerare interrotto al momento dell’aggiudicazione, come rilevato dal primo giudice, e quello di sessanta giorni previsto per la stipulazione del contratto, l’ordinamento consente all’operatore economico, specie ove questi abbia visto mutare in senso peggiorativo le condizioni di esecuzione dell’appalto, di affrancarsi dall’impegno originariamente assunto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 ottobre 2020 n. 6620).

12.2. E’ pur vero che secondo quanto ritenuto da questa Sezione con la sentenza 14 luglio 2022, n. 5991, citata da parte appellante, che l’art. 32 comma 8 del Codice dei contratti è una disposizione che si applica quando il contratto che l’amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara, non quello che l’operatore economico pretende di stipulare dopo le modifiche cui aspira, ma il condivisibile principio individuato in tale sentenza è riferito a fattispecie del tutto differente da quella di cui è causa, come ben evidenziato da parte appellata: in quel caso, l’operatore economico aggiudicatario aveva sin da subito avanzato richieste di modifica delle condizioni contrattuali, e proprio per tale ragione, e cioè per la necessità di interloquire sul punto tramite un apposito carteggio, la stazione appaltante aveva formulato tardivamente la convocazione alla stipula del contratto d’appalto (si era trattato, peraltro, di un ritardo di soli 27 giorni, e non di interi mesi, come nel caso di specie).

Per contro nell’ipotesi di specie, si è dapprima assistito all’infruttuoso decorso del termine stabilito dalla legge per la stipulazione del contratto; e solo in un secondo momento, a partire dal mese di aprile 2022, quando ormai l’impresa poteva legittimamente decidere di svincolarsi dall’impegno assunto in gara, essa aveva fatto presente che sarebbe stata disponibile a realizzare l’opera unicamente a fronte di un integrale riequilibrio del sinallagma.

12.3. La circostanza che l’amministrazione non intendesse dar seguito alla richiesta dell’aggiudicataria, considerandola contra legem, stante la ritenuta applicabilità alla fattispecie di cui è causa del (solo) meccanismo compensativo previsto dall’art. 26 D.L. 50 del 2022, non legittimava pertanto l’Amministrazione a tenere un comportamento inerte per altri mesi, per poi imputare all’aggiudicataria la mancata stipula del contratto, in quanto la medesima amministrazione, come correttamente ritenuto dal primo giudice “laddove avesse ritenuto (come, di fatto, ha ritenuto) che non vi fosse margine in tal senso, altro non avrebbe potuto/dovuto fare che prendere lealmente atto della volontà legittimamente manifestata dall’aggiudicataria e, poi, assumere le conseguenti determinazioni per assicurare, se ancora di suo interesse, la realizzazione dei lavori che qui vengono in rilievo”.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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