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Sentenze

Lavoro autonomo o subappalto?

Il Tar Campania ricorda come il rapporto tra l’aggiudicatario e il prestatore di una specifica attività debba essere valutato di volta in volta con riferimento all’organizzazione del soggetto che esegue la prestazione.

Perché la stessa può connotarsi dagli elementi tipici del lavoro autonomo o, viceversa, configurare un legame di subappalto.

Ed in tal senso ribadisce la giurisprudenza sull’argomento.

Questo quanto stabilito da Tar Campania, Napoli, Sez. I, 07/03/2024, n. 1538:

3.2.1. È innanzitutto da escludere che si sia in presenza di un’attività di lavoro autonomo.

Il connotato di questa è costituito dall’obbligazione “a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente” (art. 2222 c.c.).

Nella materia degli appalti pubblici, la giurisprudenza ha indagato sulla configurazione del rapporto tra l’aggiudicatario e il prestatore di una specifica attività, evidenziando – come inteso dalla ricorrente principale – che la distinzione si pone sul piano dell’alterità della prestazione, essendo nel subappalto la prestazione “affidata dall’appaltatore a un terzo che la realizza direttamente attraverso la propria organizzazione; mentre nel contratto di cooperazione la prestazione resa è inserita all’interno dell’organizzazione imprenditoriale dell’appaltatore” (Cons. Stato – sez. V , 31/5/2021 n. 4150, richiamata da TAR Lazio – sez. II bis, 17/6/2022 n. 8146, integralmente confermata con pronuncia del Consiglio di Stato – sez. V, del 21/8/2023 n. 7862: cfr. p. 1.5).

Con dette pronunce è stata evidenziata la necessità di valutare di volta in volta se, con riferimento all’organizzazione del soggetto che esegue la prestazione, la stessa sia connotata dagli elementi tipici del lavoro autonomo o, viceversa, configuri nel rapporto con l’aggiudicatario un legame di subappalto.

In tali termini, è indispensabile valutare in concreto la tipologia dell’attività, potendosi ricondurre la stessa a una prestazione di lavoro autonomo solamente allorquando il soggetto che collabora con l’appaltatore disimpegni l’incarico essenzialmente attraverso un apporto personale, non già nel caso in cui la prestazione sia resa con un’adeguata organizzazione di risorse umane e materiali, tipicamente imprenditoriale (cfr. TAR Lazio, cit.: “In questo senso, lo svolgimento delle prestazioni con lavoro prevalentemente proprio e con l’impiego esclusivamente dei mezzi strettamente strumentali all’esecuzione dell’opera o del servizio non configura quindi un’attività di impresa, quanto un’attività di lavoro autonomo; mentre, affinché possa configurarsi una ipotesi di subappalto è necessario che il terzo possa qualificarsi come imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c. […] In considerazione di quanto premesso, tenendo conto della lettura combinata dell’art. 1655 cod.civ. che definisce il contratto di appalto, e dell’art. 2222 cod.civ., dedicato al contratto d’opera (tenuto anche conto delle esclusioni e dei rinvii di cui all’art. 2238 cod.civ.), ai fini di cui all’art. 105 del codice appalti, la distinzione tra attività commesse in regime di subappalto e prestazioni affidate a prestatori d’opera andrà risolta, caso per caso, in base alla rilevanza della organizzazione del collaboratore, individuandosi una prestazione d’opera nei casi in cui quest’ultimo esegue attività per la quale è essenziale la propria esperienza e qualità soggettiva; mentre, dovrà concludersi in ordine alla presenza di una collaborazione in termini di subappalto in presenza di una ‘organizzazione dei mezzi necessari’, non piccola, né meramente ausiliaria, che condiziona la prestazione in termini di essenzialità”).

Nella fattispecie all’esame, l’esame del tipo di attività prestata mostra che non si possa essere in presenza di una prestazione di lavoro autonomo (priva di un connotato personale, espletata peraltro da parte di un soggetto avente veste di società di capitali), denotando l’impiego di un’organizzazione di impresa per disimpegnare il compito affidato, tanto da dover ricondurre a un’ipotesi di subappalto la prestazione resa.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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