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Sentenze

Caso di nullità della clausola sui limiti dimensionali dell’offerta.

La clausola che ricollega all’offerta debordante (rispetto ai requisiti dimensionali imposti) la sanzione dell’irrilevanza della parte (in ipotesi) esuberante deve ritenersi nulla ove interpretata nel senso che essa impone alla Commissione aggiudicatrice prove e accertamenti specifici, o addirittura una ritrascrizione dei contenuti con il format predefinito, pur dinanzi ad un’offerta che rispetta il limite massimo di pagine, in assenza di problema alcuno di leggibilità.

Questo il principio affermato dal Consiglio di Stato con la Sentenza in esame, su una vicenda legata ai limiti dimensionali dell’offerta.

La seconda migliore offerta ha contestato dinanzi al TAR Marche l’operato della stazione appaltante evidenziando che: l’art. 16 del disciplinare di gara stabiliva che le offerte tecniche avrebbero dovuto essere redatte in forma di relazione “…non superiore a 15 facciate, copertine, indice e sommari esclusi, in formato A4, in carattere Arial o Times New Roman, dimensione 12, per un massimo di 40 righe a facciata” e prevedeva altresì che “Eventuali facciate eccedenti il numero massimo sopra indicato, pur non costituendo causa di esclusione dalla gara, non verranno prese in considerazione ai fini della valutazione dell’offerta presentata…”. Nel caso di specie, secondo la tesi della ricorrente, l’aggiudicatario avrebbe utilizzato un font Times New Roman 10.5, sicchè, riformulando l’offerta mediante dell’utilizzo del corretto font, essa supererebbe ampiamente il limite indicato.

Il TAR Marche ha deciso la controversia partendo dalla premessa che: “Dal punto di vista tecnico va …. osservato che la prova dell’utilizzo da parte dell’a.t.i. ………di un carattere diverso rispetto a quello prescritto dalla lex specialis si deve ritenere raggiunta. Ed infatti il consulente della ricorrente principale ha da ultimo proceduto a riscrivere l’offerta tecnica dell’a.t.i. ………. rispettando i parametri previsti dal disciplinare di gara e ottenendo un elaborato che si sviluppa in 19 pagine.” Ciò nonostante, il TAR Marche ha ritenuto di dover respingere il ricorso, argomentando nel seguente modo: “come dimostrano le perizie versate in atti dalla ricorrente principale, l’individuazione da parte della commissione di gara delle dimensioni del carattere utilizzato dai concorrenti (e non solo dall’aggiudicataria, evidentemente) avrebbe richiesto l’effettuazione di indagini di natura tecnica complesse e tali da provocare un notevole ritardo nella definizione della procedura, nonché, verosimilmente, un contenzioso sulla specifica questione, non essendo sempre agevole la esatta individuazione del numero di pagine che ogni concorrente ha effettivamente impiegato per l’esposizione del proprio progetto tecnico;…”.

L’appello avverso il primo grado viene respinto da Consiglio di Stato, Sez. III, 14/12/2020, n. 7967, con le seguenti motivazioni:

7.3. Nel caso di specie, il precetto sulla “forma” dell’offerta, non solo non è immediatamente riferibile alla cura di interessi pubblici sostanziali e rilevanti (essendo lo stesso semplicemente diretto a non “appesantire” la leggibilità delle offerte), ma è anche incompleto, atteso che, come condivisibilmente osservato in primo grado esso non indica i margini laterali.

7.4. Ora, anche a voler ritenere accertato che il font utilizzato sia lievemente più piccolo di quello imposto dal bando, è del pari pacifico che la mancanza di qualsivoglia indicazione sui margini rende lo scostamento ininfluente o comunque irrilevante, salva prova contraria. La prova contraria non può essere, tuttavia, quella offerta dall’appellante, che ritrascrive l’offerta utilizzando i margini originariamente prescelti dall’offerente, quanto quella che dimostra, senza tema di smentita, che anche il pieno utilizzo del margine massimo consentito dal programma di scrittura non avrebbe consentito di rispettare i limiti dimensionali imposti dal bando. Prova quest’ultima non fornita, né accennata dall’appellante.

7.5. Ad abundantiam il Collegio osserva che clausole come quelle di specie dovrebbero ritenersi nulle poiché in violazione dell’art. 83 comma 8 e del principio di tassatività delle clausole di esclusione ivi positivizzato. A mente della disposizione citata “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

L’Adunanza Plenaria ha di recente chiarito che la nullità della clausola escludente contra legem, ora prevista dall’art. 83, comma 9, del codice, dev’esser intesa come nullità in senso tecnico (con la conseguente improduttività dei suoi effetti ed applicabilità del regime di rilevabilità d’ufficio giusto quanto previsto dall’art. 31 c.p.a.). La nullità della clausola da un lato non si estende al bando nel suo complesso (vitiatur sed non vitiat), d’altro impedisce all’amministrazione di porre in essere atti ulteriori che si fondino su quella clausola, rendendoli altrimenti illegittimi (cosi A.P. 16 ottobre 2020, n. 22).

7.6. Ebbene, la clausola che ricollega all’offerta debordante (rispetto ai requisiti dimensionali imposti) la sanzione dell’irrilevanza della parte (in ipotesi) esuberante deve ritenersi nulla ove interpretata nel senso che essa impone alla Commissione aggiudicatrice prove e accertamenti specifici, o addirittura una ritrascrizione dei contenuti con il format predefinito, pur dinanzi ad un’offerta che rispetta il limite massimo di pagine, in assenza di problema alcuno di leggibilità. Non essendo ragionevole che la scelta della migliore offerta possa essere agganciata, in assenza – ripetesi – di problemi di leggibilità, al font con la quale essa è redatta.

7.7. Potrebbe obiettarsi che l’irrilevanza della parte esuberante non è sanzione equiparabile all’espulsione. A tale obiezione è tuttavia agevole replicare che l’offerta, ancor più ove formalmente contingentata, è in ogni sua parte essenziale e rilevante per la valutazione del rapporto qualità/prezzo, talchè lo stralcio di una parte di essa non può che renderla monca e dunque inutilizzabile, in primis nell’interesse dell’amministrazione la quale evidentemente necessita di un progetto di prestazione o lavori rispondente a tutte le esigenze e prescrizioni fissate negli atti di gara e non ad una sola parte di esse.

L’appello viene pertanto respinto.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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