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Sentenze

Il soccorso istruttorio applicabile al di fuori degli appalti pubblici

Il Consiglio di Stato, nel respingere l’appello, riepiloga i limiti dell’istituto del soccorso istruttorio applicabile al di fuori della normativa sugli appalti pubblici.

La vicenda riguarda  la non ammissibilità di una domanda di finanziamento, per la quale in primo grado l’impresa si era vista accogliere il ricorso, essendosi dovuto attivare il soccorso istruttorio.

Consiglio di Stato, Sez. VII, 08/08/2022, n. 7000 ribadisce la sentenza di primo grado:

4.Si tratta di precisare i limiti dell’istituto generale del soccorso istruttorio applicabile al di fuori della normativa degli appalti pubblici, dove è prevista una specifica disciplina dall’art. 83 del D.lgs 50/2016.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, a partire dall’A.P. 9/2014, ha chiarito il funzionamento e i limiti dell’art. 6 comma 1 lett. b) L. 241/90 sul procedimento amministrativo (per cui «(…) il responsabile del procedimento [può chiedere] la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete… e ordinare esibizioni documentali (…)»).

È evidente che il “potere di soccorso” costituisce un istituto di carattere generale del procedimento amministrativo, che, nel particolare settore delle selezioni pubbliche diverse da quelle disciplinate dal codice dei contratti pubblici, soddisfa la comune esigenza di consentire la massima partecipazione alla gara, orientando l’azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, attenuando la rigidità delle forme.

Un primo elemento di differenza sostanziale rispetto al “potere di soccorso” disciplinato dall’art. 46, co. 1, codice dei contratti pubblici, emerge dal raffronto fra il tenore testuale delle due disposizioni: invero, l’art. 6, l. n. 241 del 1990 cit., si limita a prevedere la mera facoltà a che il responsabile del procedimento eserciti il “potere di soccorso”, mentre l’art. 46 cit. obbliga la stazione appaltante a fare ricorso al “potere di soccorso”, sia pure nei precisi limiti derivanti dalla rigorosa individuazione del suo oggetto e della sua portata applicativa.

Inoltre, poiché il principio della tassatività delle cause di esclusione, giova ribadirlo, vige solo per le procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici, al di fuori di tale ambito:

a) il “potere di soccorso” nei procedimenti diversi da quelli comparativi, dispiega la sua massima portata espansiva, tendenzialmente senza limiti salvo quelli propri della singola disciplina di settore;

b) in relazione ai procedimenti comparativi il “potere di soccorso” è utilmente invocabile anche ai fini del riscontro della validità delle clausole che introducono adempimenti a pena di esclusione; in quest’ottica integra il parametro di giudizio di manifesta sproporzione che il giudice amministrativo è chiamato ad effettuare, ab externo e senza sostituirsi all’Amministrazione, nel caso venga impugnata una clausola di esclusione per l’inadempimento di oneri meramente formali.

Di recente il Consiglio di Stato (sez. V, 22 novembre 2019, n. 7975) ha affermato che il soccorso istruttorio ha portata generale e trova applicazione, anche nell’ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio per cui l’intervento dell’amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.

In quest’ottica, il limite all’attivazione del soccorso istruttorio coincide con la mancata allegazione di un requisito di partecipazione ovvero di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché, effettivamente, consentire ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato, significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati in palese violazione della par condicio.

In generale, può quindi affermarsi che il soccorso istruttorio va attivato, qualora dalla documentazione presentata dall’istante residuino margini di incertezza facilmente superabili (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 257; V, 8 agosto 2016, n. 3540; II, 28 gennaio 2016, n. 838; IV, 7 settembre 2004, n. 5759) rispondendo tale scelta amministrativa ad un principio di esercizio dell’azione amministrativa ispirata a buona fede e correttezza.

Nella specie non è in discussione la tempestiva produzione del documento, né l’autenticità dello stesso e la veridicità del suo contenuto, ma il solo requisito formale della sottoscrizione.

L’articolo 8, comma 4, del decreto recante la disciplina concorsuale, dispone, peraltro, che “il Soggetto Gestore può richiedere precisazioni e chiarimenti in merito ai dati ed alla documentazione già prodotta, ove ritenuti opportuni per la definizione dell’istruttoria… Le precisazioni e i chiarimenti richiesti devono essere presentati al Soggetto Gestore, esclusivamente a mezzo PEC, entro il termine di 15 giorni dal ricevimento della relativa richiesta. In caso di incompleta o mancata risposta a detta richiesta entro il citato termine, il Soggetto Gestore procederà alla valutazione del progetto di valorizzazione sulla base della documentazione acquisita”.

Alla luce delle superiori considerazioni, …………, a fronte di una domanda regolarmente prodotta, corredata di allegati tutti firmati digitalmente, tranne uno, in ossequio dell’inequivoco disposto di cui all’art. 8, comma 4 cit. aveva l’onere di chiedere precisazioni ed eventuale documentazione integrativa e, solo in caso di mancato riscontro nel termine di 15 giorni, poteva procedere con l’adozione del provvedimento di inammissibilità.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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