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Sentenze

La verifica sul rispetto dei minimi salariali è sempre obbligatoria, anche nei casi di massimo ribasso con soglia automatica di anomalia

In forza del combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d) del d.lgs. n. 50/2016, prima dell’aggiudicazione le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi.

Tale accertamento, che mira esclusivamente a controllare il rispetto del salario minimo ( non è una verifica sull’anomalia dell’offerta ), è sempre obbligatorio, anche nei casi, di gara al massimo ribasso e mancata esclusione del concorrente con il c.d. taglio delle ali.

Tar Liguria, Sez. I, 23/11/2022, n. 993 accoglie il ricorso ed annulla l’aggiudicazione:

2.2. Alla luce di ciò, ritiene il Collegio che l’Amministrazione resistente abbia illegittimamente aggiudicato la gara alla società controinteressata, omettendo di rilevare la macroscopica inattendibilità della sua offerta e/o la palese incongruenza dei costi del lavoro esposti.

Occorre rammentare che, in forza del combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d) del d.lgs. n. 50/2016, prima dell’aggiudicazione le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi.

Tale accertamento (che non dà luogo a un sub-procedimento di verifica di anomalia dell’intera offerta, ma mira esclusivamente a controllare il rispetto del salario minimo: cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 novembre 2022, n. 14776) è sempre obbligatorio, anche nei casi, quale quello in esame, di gara al massimo ribasso e mancata esclusione del concorrente con il c.d. taglio delle ali ex art. 97, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016. Diversamente, infatti, potrebbe essere messo a repentaglio il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 Cost. (in argomento cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 21 dicembre 2020, n. 1994; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 1° giugno 2020, n. 978; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 16 marzo 2020, n. 329; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 26 marzo 2018, n. 608).

Orbene, nonostante i tentativi di xxxx di difendere la sostenibilità della propria offerta, invocando, da un lato, il diritto dell’impresa di organizzare i fattori produttivi e, dall’altro lato, il dichiarato rispetto dei minimi salariali, è evidente che:

– o l’offerta si riferisce a n. 4,74 uomini/giorno e quindi, anche considerando gli accorgimenti tecnici ammissibili, è palesemente inidonea, risultando necessari almeno n. 9 uomini/giorno;

– oppure richiede l’aumento delle maestranze ed allora i conti sul costo complessivo della manodopera – confessoriamente – non tornano, come giustamente stigmatizzato dalla ricorrente.

Per quanto concerne il richiamato diritto dell’imprenditore di organizzare e gestire i mezzi secondo le soluzioni dal medesimo ritenute più opportune, si osserva che il suddetto diritto (rectius, libertà) non può giungere ad obliterare le regole tecniche indispensabili per assicurare l’integrale rispetto del progetto, oltre che le prescrizioni della committenza e/o dell’autorità tutoria. E ciò viepiù nel caso di specie, in cui il restauro riguarda un bene soggetto a vincolo monumentale e, quindi, bisognevole di particolari precauzioni (sul punto cfr. anche pag. 47 della relazione peritale).

Parimenti, si rivela inaccoglibile l’argomento della difesa erariale secondo cui, avendo l’aggiudicataria accettato di realizzare il progetto posto in gara, la metodologia di lavorazione prospettata per limitare l’impiego di personale si collocherebbe in sede di esecuzione e, di conseguenza, sarebbe insindacabile nella fase evidenziale. Tale tesi dimentica che l’uso di strumenti meccanici è stato ideato dalla controinteressata in deroga alle previsioni progettuali: pertanto, “Vero è che sussiste la flessibilità organizzativa caratteristica di ogni organizzazione imprenditoriale: ma essa dev’essere esplicitata all’atto della presentazione dell’offerta e nell’ambito di essa, non potendo certo essere oggetto di una riserva mentale per poi essere ricostruita, ex post, sulla base di variabili dipendenti esclusivamente dall’offerente, introdotte successivamente” (così T.A.R. Liguria, sez. I, 11 luglio 2022, n. 595).

Con riferimento agli oneri della manodopera, è lapalissiana l’insufficienza della mera formale dichiarazione dell’impresa di corrispondere ai lavoratori un importo medio orario conforme alle tabelle ministeriali, dovendo contestualmente apprezzarsi l’adeguatezza del numero degli operai impiegati nel cantiere e delle ore lavorate, in relazione al cronoprogramma dei lavori. Diversamente opinando, l’obbligo dello stipendio base si presterebbe a facili elusioni, perché sarebbe sufficiente indicare in sede di offerta una quantità di personale e/o di ore inferiore a quella realmente necessaria e poi, una volta ottenuto l’affidamento, arruolare e sottopagare manovalanza aggiuntiva per eseguire la commessa nei tempi e con le modalità stabilite dal capitolato (in argomento v. Cons. St., sez. III, 5 giugno 2020, n. 3573; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 novembre 2022, n. 14776, cit.).

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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