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Sentenze

Nell’accordo quadro è sufficiente l’indicazione di un costo approssimativo della manodopera

Accordo quadro per lavori. Secondo l’appellante l’aggiudicataria, che utilizza operai provenienti da un’altra (distante) provincia per eseguire l’appalto, non poteva utilizzare la tabella del costo del lavoro della provincia di provenienza per il calcolo del proprio costo orario della manodopera.

La sentenza di primo grado sarebbe errata avendo considerato che i valori contenuti nella Tabella utilizzata non divergevano in maniera consistente rispetto al reale costo medio della manodopera. Inoltre, il giudice di primo grado si sarebbe sostituito arbitrariamente alla stazione appaltante nella parte in cui ha sostenuto che i costi di trasferta potevano considerarsi coperti dalle spese generali, così compiendo una valutazione tecnica che gli era preclusa.

Consiglio di Stato, Sez. V, 26/01/2023, n. 909 respinge l’appello:

Le censure sono infondate.

Come affermato dalla sentenza appellata, sebbene xxxx avesse indicato in offerta i costi approssimativi della manodopera (per € 198.000,00), così determinando la loro inclusione nel giudizio di anomalia, la portata di siffatto giudizio deve pur sempre essere calibrata sull’immanente ipoteticità e variabilità dei costi, trattandosi di accordo quadro. Ed invero, ai sensi della clausola 15.3 del bando di gara: “… gli operatori economici potranno non indicare in sede di gara i costi della manodopera in quanto i medesimi non possono essere allo stato calcolati. Gli stessi dovranno tuttavia essere individuati in sede di stipulazione del contratto applicativo”.

La clausola deve essere interpretata alla luce dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, che prevede l’obbligatorietà dell’indicazione nell’offerta del costo della manodopera, volendo significare che, nel caso di specie, avendo la gara ad oggetto un accordo quadro, di natura meramente programmatoria, ed essendo, quindi, impossibile l’esatta quantificazione ex ante delle singole voci di costo che si riveleranno necessarie per l’esecuzione dei contratti di volta in volta conclusi, è sufficiente l’indicazione di un costo approssimativo della manodopera, che verrà in seguito specificato nei contratti applicativi.

Tanto premesso, e ricordando che il giudizio di congruità delle offerte, di cui all’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016 è espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta erroneità, irragionevolezza, difetto d’istruttoria e travisamento dei fatti, non potendo il giudice procedere ad una autonoma verifica dell’offerta e delle singole componenti, poiché ciò costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria dell’amministrazione (cfr., da ultimo e fra le tante, Cons. Stato, V, 28 marzo 2022, n. 2269), nel caso di specie il costo della manodopera calcolato da xxxx non può ritenersi in alcun modo inattendibile, anche in ragione del fatto che l’appellante non ha dedotto la violazione dei minimi salariali stabiliti dai contratti collettivi. Tanto, a maggior ragione, nel caso di specie, per la natura meramente programmatoria dell’accordo quadro.

Ed invero, come risulta dal consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, nelle gare pubbliche i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima di per sé un giudizio di anomalia o di incongruità occorrendo, perché possa dubitarsi della sua congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata.

In particolare, il CCNL Edilizia Industria all’art. 21 prevede che gli operai comandati in trasferta nei settori delle riparazioni e manutenzioni stradali rimangono iscritti nella cassa edile di provenienza, fermo il diritto al rimborso delle spese di viaggio, vitto ed alloggio, eventualmente determinate in misura forfettaria.

Ne risulta la correttezza della quantificazione del costo medio orario del lavoro in base alla tabella di ………, luogo di provenienza degli operai, mentre, in relazione all’anno, l’ultimo aggiornamento della tabella, del 2019 con riferimento all’indizione della procedura di specie, prevede costi orari che, se posti in raffronto con quelli contenuti nella tabella del 2016 utilizzata da xxxx, presentano una differenza irrilevante, perché di poche decine di centesimi.

Con riferimento, invece, al diritto al rimborso delle spese di viaggio, vitto ed alloggio, eventualmente determinate in misura forfettaria, come statuito in maniera condivisibile dalla sentenza appellata – che non si è sostituita alla stazione appaltante, ma si è limitata a verificare la correttezza del giudizio della stessa – la stima delle spese generali, che sono state quantificate da xxxx nella misura del 20% rispetto alla percentuale del 5% prevista nella guida alle giustificazioni dalla stazione appaltante in considerazione della natura standardizzata dell’appalto, è ampiamente sufficiente ad assorbire i maggiori costi che derivano da tali voci, risultando, dunque, pienamente rispondenti a coerenza e logicità le giustificazioni rese dalla società aggiudicataria. Ciò, anche in considerazione della quota di utile indicata da xxxx, pari al 10% (rispetto al 3% stimato dalla stazione appaltante) e dunque stimabile, nel triennio, in circa euro 48.000,00 rispetto all’importo risultante dall’applicazione del ribasso offerto.

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti

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