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Sentenze

Il termine per la conclusione del contratto non è inderogabilmente perentorio, ma la normativa converge nel senso di ritenerlo un adempimento da definirsi nel tempo più rapido possibile

Nell’accogliere l’appello, il Consiglio di Stato ricorda che se è vero che il termine per la conclusione del contratto non può ritenersi inderogabilmente perentorio, è altresì vero che l’intera normativa nella materia dei contratti pubblici converge univocamente nel senso di ritenere la conclusione del contratto un adempimento da definirsi nel tempo più rapido possibile.

Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. III, 21/06/2023, n. 6074:

6.4. Sul primo punto, come detto, la procedura di gara prevedeva la stipula del contratto entro sessanta giorni dall’aggiudicazione, in linea con la regola generale di legge. Ciò posto, se è vero che il termine per la conclusione del contratto non può ritenersi inderogabilmente perentorio, è altresì vero che l’intera normativa nella materia dei contratti pubblici converge univocamente nel senso di ritenere la conclusione del contratto un adempimento da definirsi nel tempo più rapido possibile: l’art. 32, comma 8, del codice dei contratti pubblici, sopra citato, configura chiaramente il predetto termine come derogabile solo in via di eccezione, con conseguenziale obbligo di motivazione, imposto in capo alla stazione appaltante, sul preminente interesse pubblico che giustifica la dilazione, quale deroga alla spedita conclusione del contratto in potenziale contrasto con l’interesse prevalente alla esecuzione puntuale dei connessi adempimenti contrattuali, in una dinamica improntata sempre più a criteri di massima accelerazione.

6.4.1. La procedura di gara serve del resto esattamente a fornire all’amministrazione i mezzi di cui abbisogna per esercitare le sue funzioni ed erogare i servizi di sua competenza, sicché sarebbe paradossale affermare la tesi secondo la quale, fatta la gara e selezionato il fornitore, non vi sia poi alcun termine cogente entro il quale la fornitura debba essere effettivamente e compiutamente prestata sulla base di un regolare contratto (e non in modo provvisorio, incompleto e precario, come avviene nell’anticipo di esecuzione, che deve costituire comunque una molto ben motivata eccezione alla regola, come reso esplicito dall’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 32 del d.lgs. n. 50 del 2016, in base al quale “L’esecuzione d’urgenza di cui al presente comma è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l’igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”). Consentire termini indeterminati e liberi per la piena esecuzione della fornitura, pur dopo esperita la gara, significherebbe negare contraddittoriamente quel bisogno di acquisto di beni, servizi, lavori che ha mosso l’amministrazione a procedere (secondo un dovere funzionale, peraltro, di razionale programmazione degli acquisti) e che ha giustificato l’indizione della procedura selettiva. Il che cozzerebbe frontalmente con il principio di buona amministrazione e con i principi di economicità, efficacia, tempestività ripetutamente richiamati nel codice dei contratti pubblici.

7. Va dunque conseguentemente disattesa la tesi sostenuta nella sentenza appellata, secondo la quale “Né gli eventuali ritardi maturati nella contrattualizzazione del servizio possono riflettersi sulle modalità di espletamento della verifica dei requisiti di esecuzione . . . ovvero integrare vizi di legittimità di detta attività; ciò, a prescindere dalla manifesta non perentorietà del termine sancito dall’art. 32, co. 8, del D.lgs. n. 50/2016”. La non perentorietà del suddetto termine non implica che la sua funzione acceleratoria possa e debba essere vanificata, senza una stringente motivazione sulle ragioni specifiche, preferibilmente legate a sopravvenienze imprevedibili, che ne impongano la dilazione. Il che, d’altra parte, discende pianamente anche dai soli principi del diritto civile in tema di adempimento delle obbligazioni. E se – come irretrattabilmente statuito nella sentenza di questa Sezione n. 1283 del 2022 – la fase di verifica dei requisiti di esecuzione appartiene, nella sostanza, alla procedura di scelta del contraente e soggiace alle sue regole interamente pubblicistiche (anziché ascriversi alla fase dell’adempimento del rapporto obbligatori, devoluta al Giudice civile), allora non potrà negarsi che l’immotivato rinvio dei suddetti adempimenti – stipula del contratto e annessa verifica del possesso dei requisiti di esecuzione – possa riflettersi e ridondare sulla legittimità dell’operato dell’amministrazione integrando vizi di legittimità della sua azione autoritativa (come specificamente dedotti nel ricorso in appello).

A cura di Roberto Donati – Giurisprudenza e Appalti
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