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Sentenze

Il termine di conclusione del procedimento di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 riveste, di regola, natura ordinatoria

Il termine di conclusione del procedimento di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 riveste, di regola, natura ordinatoria, con la conseguenza che il mancato rispetto del medesimo non vizia l’atto adottato (in ipotesi) tardivamente, salvo che la legge di settore lo qualifichi come perentorio.

Questo quanto ricordato da Consiglio di Stato, Sez. VII, 30/03/2024, n. 2979 nel respingere l’appello:

5. L’appello è infondato.

5.1. Quanto alla censura riguardante l’asserita violazione del termine di conclusione del procedimento, va premesso che il carattere della perentorietà del termine può essere attribuito ad una scadenza temporale solo da una espressa norma di legge.

Pertanto, in assenza di specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine va inteso come meramente sollecitatorio o ordinatorio, sicchè il suo superamento non determina l’illegittimità dell’atto.

La giurisprudenza ha sottolineato che «l’individuazione del termine come perentorio – oltre che dalla definizione come tale – discende in primo luogo dalla ragione della sua introduzione, normalmente consistente nell’esigenza di celerità insita nella fase specifica del procedimento, in coerenza con la giurisprudenza prevalente, secondo cui, per i termini esistenti all’interno del procedimento amministrativo, il carattere perentorio o meno deve essere ricavato dalla loro ’ratio’» (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 10 del 2014) nonché dalle specifiche esigenze di rilievo pubblico che lo svolgimento di un adempimento in un arco di tempo prefissato è indirizzato a soddisfare (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2023, n. 2354).

Nella specie non si ritiene sussistente tale specifica necessità, sicchè trovano applicazione i principi consolidati della giurisprudenza amministrativa, secondo cui il termine di conclusione del procedimento di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 riveste, di regola, natura ordinatoria, con la conseguenza che il mancato rispetto del medesimo non vizia l’atto adottato (in ipotesi) tardivamente, salvo che la legge di settore lo qualifichi come perentorio (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 2020, n. 3307; principio ribadito anche per le sanzioni amministrative da Cass. civ., sez. lav., 6 settembre 2018, n. 21706 e sez. II, 18 aprile 2018, n. 9517).

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